Il ‘colesterolo buono’ non serve a combattere l’infarto
Sembrava una ‘formula magica’: tenere alti i livelli ematici di HDL e fare di tutto per abbassare quelli di LDL; HDL è il cosiddetto colesterolo buono, LDL il malefico che va combattuto e prevenuto in ogni modo. Ma adesso la magia svanisce, perche’ l’HDL non è risultato essere quel campione anti-infarto come a lungo creduto.
Infatti uno studio di genetica pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet smentisce che il colesterolo buono riduca effettivamente il rischio cardiaco. Ricercatori della Harvard Medical School e del Massachusetts General Hospital di Boston diretti da Sekar Kathiresan hanno infatti mostrato che non esiste alcuna relazione di causa-effetto tra livelli alti di colesterolo buono e riduzione del rischio infarto.
Che vi fosse un nesso tra livelli di HDL nel sangue e ridotto rischio cardiaco era emerso in una serie di studi epidemiologici cosiddetti ‘osservazionali’, spiega Bruno Trimarco dell’università Federico II di Napoli e presidente SIPREC-Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare, ma questi studi di per sè non bastano a dire se la relazione trovata sia effettivamente ‘causa-effetto’ e quindi se, aumentando l’HDL nel sangue di un individuo, automaticamente si abbassa il suo rischio di andare incontro a un attacco cardiaco.
I ricercatori Usa hanno cercato di scoprirlo in modo ‘smart’: se veramente il colesterolo HDL abbassa il rischio infarto, si sono detti, allora le persone che sono geneticamente predisposte ad avere alti livelli ematici di HDL dovrebbero presentare un ridotto rischio. Così hanno analizzato decine di migliaia di casi di infarto e di individui di controllo ma non hanno affatto trovato che l’incidenza dell’infarto è ridotta tra i ‘fortunati’ che hanno HDL elevato nel sangue.
”Alcuni meccanismi genetici che aumentano i livelli plasmatici di colesterolo HDL – scrivono gli autori del lavoro – non sembrano abbassare il rischio di infarto. Questi dati mettono in discussione il concetto che innalzare i livelli di HDL nel sangue si traduce automaticamente ed uniformemente in riduzioni del rischio infarto”. Quindi la misura dei livelli di HDL nel sangue di un soggetto non è così significativa nel ‘calcolo’ del suo rischio infarto come ritenuto finora.
Di fatto, però, conclude Trimarco, per tutti noi cambia poco: dobbiamo continuare come prima e più di prima ad adottare corretti stili di vita (no al fumo, dieta sana, lotta all”obesità e al colesterolo cattivo che resta tale, sì all’esercizio fisico) se vogliamo proteggere la salute del nostro cuore.
Semmai la ”bocciatura” al colesterolo buono arriva come ulteriore evidenza del fatto che eventuali farmaci studiati per innalzare l”HDL (per ora non ce ne sono in commercio ma vi erano tre molecole in sperimentazione che però, finora, non avevano dato i risultati sperati) in realtà potrebbero essere inutili, quanto non dannosi. A noi non resta altro che continuare a difenderci con gli strumenti di sempre, lasciandoci alle spalle, forse, il mito del colesterolo buono.