Il 12 agosto a Londra Summit sulla fame nel mondo
Riprende a crescere nel mondo il numero di bambini che soffrono la fame, con 1.500.000 bambini colpiti da malnutrizione acuta in più fra il 2005 e il 2010 rispetto agli anni precedenti. In totale sono 58.7 milioni i bambini gravemente malnutriti. Un dato che rischia di compromettere i significativi progressi fatti finora rispetto a tutti gli altri principali indicatori relativi alla salute e benessere
infantile, come la mortalità infantile e l’accesso a scuola.
E’ quanto emerge dall’Indice sullo sviluppo infantile redatto da Save the Children e i cui dati sono stati diffusi alla vigilia del Summit Olimpico sulla Fame promosso dal governo britannico in chiusura dei Giochi il 12 agosto. Secondo il nuovo rapporto di Save the
Children, la malnutrizione infantile – concausa di circa 1 terzo delle morti entro i primi 5 anni, cioe’ di 2.500.000 decessi infantili – resta un problema acuto e che non arretra, anzi peggiora, a differenza di altri indicatori del benessere infantile che hanno conosciuto negli ultimi anni notevoli progressi: l’Indice infatti segnala una riduzione del 30% della mortalità infantile nei Paesi in via di sviluppo (tra la seconda metà degli anni ’90 e la seconda metà degli anni 2000) e un aumento del 40% del numero di bambini iscritti alla scuola primaria nello stesso lasso di tempo.
Analoghi progressi invece non si registrano nella nutrizione. Anzi tra gli anni 2005 e il 2010 il tasso di bambini malnutriti nei paesi in via di sviluppo e’ cresciuto dell’1,2%. n “E’ un dato purtroppo destinato a crescere a seguito della drammatica crisi alimentare che ha
investito e tuttora sta investendo ampie zone dell’Africa, dai paesi del Corno d’Africa – soprattutto la Somalia – a tutta l’area del Sahel e a cui si aggiunge il problema dell’alta volatilità dei prezzi di cibo e carburante, che impediscono di fatto alle famiglie in difficoltà di garantire un’alimentazione appropriata ai più piccoli.
L’ aumento sensibile del numero di bambini affetti da malnutrizione cronica minaccia tutti i risultati raggiunti finora nel contrasto della mortalità infantile e nell’accesso a scuola di un numero maggiore di bambini”, commenta Filippo Ungaro, responsabile Comunicazione e Campagne Save the Children Italia.
L’Indice conferma all’ultimo posto della classifica la Somalia, il peggior posto dove essere bambini. Non agli ultimi posti della classifica ma scesa di ben 52 posizioni è la Palestina, passata dalla 26esima posizione alla 78esima a causa della drastica diminuzione di bambini iscritti a scuola per la mancanza di classi e l’impossibilità di costruirne di nuove da quando e’ intervenuto il blocco nei territori.
Il Giappone è invece in cima alla classifica e rappresenta il miglior luogo al mondo per i più piccoli. L’Italia si colloca in quarta posizione, preceduta da Germania e Spagna. “Non possiamo accettare l’idea – prosegue Ungaro – che siano compromessi i miglioramenti fin qui ottenuti. La malnutrizione va combattuta con lo stesso impegno messo nel garantire un maggiore accesso all’istruzione per i bambini e nella lotta alle altre cause di mortalita’ infantile. Per questo chiediamo ai capi di Stato delle maggiori nazioni invitati al summit olimpico sulla fame di costruire sui progressi già compiuti per porre fine alla fame e malnutrizione infantile e garantire che questa fondamentale e improcrastinabile questione sia il tema centrale del G8 del prossimo anno in Gran Bretagna”:
Save the Children in particolare chiede ai leader mondiali di: utilizzare la presidenza inglese del G8 per porre in cima alla loro agenda per tutti il 2013 il tema della fame nel mondo, avendo come punto di partenza la Nuova alleanza per la sicurezza alimentare e la nutrizione del G8 di Camp David; di fare fronte agli urgenti bisogni alimentari della popolazione africana dove 28 milioni di persone stanno soffrendo di malnutrizione acuta; di stabilire obiettivi nazionali e internazionali per abbassare sensibilmente il numero di bambini malnutriti cronici contribuendo ad intensificare l’azione politica contro la fame; di riparare un sistema umanitario che non funziona e in cui il lento rilascio di fondi produce perdita di soldi e di vite.