Crisi: troppo cara la dieta mediterranea
Tanto acclamata nel mondo, al punto da essere stata inclusa dall’Unesco tra i patrimoni immateriali dell’umanità e da comparire in numerose ricerche scientifiche come uno dei mezzi migliori di prevenzione per molte malattie, quanto trascurata in patria. La dieta mediterranea compare sempre meno sulle tavole italiane, complice la crisi che sposta i consumi delle fasce meno abbienti verso cibi piu’ calorici ma molto meno sani. A certificare la tendenza uno studio italiano appena pubblicato sulla rivista Bmj Open, che in aggiunta ha registrato un aumento dell’obesita’ proprio tra chi ha redditi piu’ bassi.
Lo studio e’ della Fondazione di ricerca e cura Giovanni Paolo II dell’università Cattolica di Campobasso, e fa parte del piu’ ampio progetto ‘Moli-Sani’, che ha reclutato piu’ di 25mila persone nella regione Molise per studi sulle malattie cardiovascolari ed i tumori. In questo caso sono state selezionati 13mila soggetti, meta’ uomini e meta’ donne, di eta’ media 53 anni, che sono state divise in quattro gruppi a seconda del reddito, e le cui abitudini alimentari sono state investigate con un questionario che ha dato vita a un vero e proprio punteggio in base all’aderenza alla dieta tipica mediterranea: “Abbiamo trovato che le persone con meno risorse economiche hanno anche il punteggio minore nell’aderenza alla dieta – spiega Licia Iacoviello, che dirige il progetto – questo implica che i piu’ poveri hanno anche una dieta peggiore, basata su cibi preconfezionati o ipercalorici che spesso sono piu’ a buon mercato di quelli della tradizione alimentare italiana”.
In particolare la probabilita’ che chi si trova nella fascia piu’ alta di reddito abbia anche un’alta aderenza alla dieta mediterranea e’ risultata maggiore del 72% rispetto alla fascia con minore reddito. Questo si riflette nel tasso di obesità, che è del 20% tra i più ricchi e del 36% tra i più poveri: “Un aspetto interessante – sottolinea Giovanni de Gaetano, un altro dei ricercatori che ha partecipato allo studio – è che le diverse categorie non differiscono molto negli introiti, si rimane nel range tra 10mila e 40mila euro l’anno, tuttavia anche in un campione relativamente così omogeneo si trovano differenze sostanziali”.
Il fenomeno e’ stato recentemente certificato anche da Coldiretti, che nel rapporto ‘La crisi cambia la spesa e le vacanze degli italiani’, illustrato sulla base dei dati relativi ai primi cinque mesi del 2012, ha registrato un calo del 3% nei consumi di ortofrutta e di pesce.