Se il cuore fa le bizze
Dopo i 45 anni, la fibrillazione atriale si manifesta in 1 persona ogni 4 nel corso della restante vita. E’ una patologia che riguarda in uguale misura maschi e femmine e si stima che il numero di persone che ne soffrono sia di 5 milioni in Europa e 3 milioni negli Stati Uniti. In Italia i pazienti sono oltre 600mila con circa 120 mila nuovi casi ogni anno. Questo sarà uno dei temi discussi a Bologna, dal 14 al 16 marzo, alla decima edizione del Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana di Aritmiologia e Cardiostimolazione (Aiac) da 150 professionisti della Faculty e i circa 1.000 specialisti. Verrà acceso un faro di approfondimento sulla problematica della prevenzione cardioembolica nella fibrillazione atriale, cioè il rischio, molto maggiore rispetto alla norma, di essere colpiti da ictus per i pazienti affetti da questa aritmia. Di questi, più della metà potrebbero essere candidati ad assumere i nuovi anticoagulanti, che saranno presentati nel corso della kermesse bolognese, con un risparmio per il Sistema Sanitario Nazionale pari a 170 milioni di euro in 5 anni, rispetto ai costi del trattamento attuale. “Fino ad oggi – ha spiegato Biagio Sassone, coordinatore organizzativo del congresso – la prevenzione del rischio veniva affidata a un anticoagulante utilizzato da oltre cinquant’anni. Un farmaco importantissimo ma che al tempo stesso impone, a coloro che ne fanno uso, di sottoporsi a prelievi periodici, generalmente ogni 3-4 settimane, per controllare il livello di coagulazione del sangue e ritarare ogni volta la nuova dose da assumere, con riflessi pesanti sulla qualità della vita”. La nuova terapia presenterebbe, invece, un rischio emorragico più basso, anche per la semplicità dell’assunzione garantendo, però, la stessa efficacia nel prevenire l’ictus. Di rilievo le novità che saranno presentate anche in campo non farmacologico, in particolare per i pazienti con elevato rischio emorragico che non possono assumere nemmeno i farmaci di nuova generazione. Grazie ad una metodologia mini-invasiva, che consiste nell’inserimento di vere e proprie protesi nell’atrio sinistro che impediscono all’embolo di staccarsi dalla parete e andare ad occludere i vasi che trasportano il sangue al cervello, l’ictus viene evitato.