Lef
L’unica cura è il trapianto
E’ una patologia che colpisce circa 1 nuovo nato su 50.000.
In Italia il numero di nuovi casi attesi è stimabile attorno ad una decina ed è frequentemente scatenata da un’infezione virale. Parliamo della linfoistiocitosi emofagocitica familiare (Lef) di cui erano affetti i due gemellini di Bari, salvati da un trapianto al Bambino Gesù di Roma.
La Lef è una rara malattia genetica che, senza trapianto, è caratterizzata da un esito infausto. I bambini che nascono con questa patologia ereditaria (entrambi i genitori sono portatori sani del gene responsabile della malattia, e un figlio su 4 nasce ammalato) sviluppano, solitamente entro i primi mesi dal trapianto, una condizione di attivazione/proliferazione incontrollata delle cellule macrofagiche, un tipo particolare di globuli bianchi deputato alla difesa contro agenti esterni.
Nella maggior parte dei casi, i primi segni della malattia comprendono febbre elevata senza causa apparente, irritabilità, malessere generale, ingrossamento di fegato e milza. Già nel momento della comparsa dei primi sintomi – oppure in seguito – possono manifestarsi anomalie neurologiche, come irritabilità, rigidità del collo, ipotonia o ipertonia, convulsioni, paralisi dei nervi cranici, e anche coma.
Altre manifestazioni possono comprendere citopenia (riduzione delle cellule del sangue) e disturbi della funzione del fegato. Se non trattati, i bambini colpiti muoiono nei primi mesi di vita.
L’unica cura risolutiva per la malattia è il trapianto di cellule staminali ematopoietiche, preceduto da chemioterapia e immunoterapia per il controllo dell’attivazione macrofagica e per stabilizzare la situazione clinica.
Esistono oggi, nel mondo, quasi 20 milioni di donatori che volontariamente e gratuitamente mettono a disposizione le loro cellule per chiunque, adulto o bambino, abbia bisogno del trapianto.
Il Registro italiano dei donatori comprende circa 400.000 volontari e si colloca come il quarto registro al mondo per numerosità.