Ricerca scientifica, come vengono sperimentati i nuovi farmaci?
Spesso assistiamo a dibattiti sul web che ruotano attorno alla sperimentazione, in particolare a quella sugli animali. Approfondendo un po’ ci accorgiamo tuttavia che non tutti siamo a conoscenza di come venga effettuata la sperimentazione nel nostro paese. Abbiamo quindi deciso di affrontare l’argomento, a beneficio dei non addetti ai lavori che ne vogliano sapere un po’ di più. Naturalmente questo argomento solleva vari dubbi e scontri sul piano della bioetica, sia per quanto riguarda i test sugli animali (che non sono il fine ma solo il mezzo) sia per quelli sull’uomo. Tuttavia non vogliamo in questa sede soffermarci su questo dibattito, che merita, proprio per la sua delicatezza, un approfondimento a se stante.
Cos’è un medicinale: principio attivo e eccipienti.
Credo che tutti noi sappiamo cosa sia un medicinale o farmaco, ma da cosa è composto? Tranne rare eccezioni, un farmaco si basa su uno o più principi attivi e uno o più eccipienti. Il primo è quella sostanza che ha un effetto farmacologico, che esercita l’azione terapeutica, mentre gli eccipienti servono a veicolare il principio attivo all’interno dell’organismo, conferendogli la forma da somministrare: compressa, capsula, supposta, soluzione iniettabile, sciroppo ecc. Gli eccipienti sono di norma sostanze inerti, prive di effetto terapeutico, tuttavia alcuni possono generare effetti indesiderati in alcune categorie di pazienti, come il saccarosio per i soggetti diabetici, l’amido di grano per i celiaci, il lattosio per chi ne è intollerante o i parabeni per chi ne sia allergico. Per tale motivo i foglietti illustrativi dei medicinali riportano sempre specifiche avvertenze per determinati eccipienti. Ad essere soggetta a sperimentazione è la molecola che costituisce il principio attivo, ma anche l’eccipiente, se nuovo, va testato.
Sperimentazione animale e umana.
Per legge, ogni nuova molecola va sperimentata prima sugli animali (sperimentazione preclinica) e poi sull’uomo (sperimentazione clinica). Durante la sperimentazione vanno testati sia l’efficacia che la sicurezza del farmaco: ogni medicinale deve cioè essere innanzitutto utile e portare con sé effetti collaterali dannosi tollerabili.
Per valutare la tossicità di una nuova molecola vengono effettuate tre serie di sperimentazioni sugli animali da laboratorio, che mirano a valutare eventuali effetti tossici a breve e a lungo termine sul soggetto, sulla sua prole e la possibile cancerogenicità.
I test di sicurezza e di efficacia clinica si svolgono, invece, sull’uomo. L’iter è distribuito su quattro fasi standardizzate ormai per tutti i paesi. La prima è la fase pilota e viene effettuata somministrando il farmaco a un piccolo campione di volontari sani. In questo modo si potrà definire anche uno schema di trattamento per le successive fasi, in particolare per quanto riguarda le dosi e i tempi. Nella seconda fase il farmaco viene sperimentato su un campione ancora ristretto ma di pazienti affetti dalla patologia per la quale è stato brevettato quel principio attivo. L’attività farmacologica viene in genere confrontata con placebo o con farmaci standard, detti “di controllo”, con i quali cioè si cura già quella patologia. La fase III è sostanzialmente un ampliamento della precedente, sia in termini di numero di pazienti sia per i criteri clinici coinvolti. Infine, c’è la cosiddetta farmacovigilanza, in cui vengono sorvegliati eventuali effetti tossici non evidenziati in precedenza del farmaco ormai immesso sul mercato.
Ciclo di vita di un farmaco.
Il principio attivo appena scoperto viene posto sotto brevetto dalla casa farmaceutica, che inizia le fasi di sperimentazione. Queste assorbono mediamente 12 anni, restandone solo 8 per la commercializzazione esclusiva, dato che, alla scadenza del brevetto (20 anni), le altre case farmaceutiche possono immettere sul mercato i cosiddetti farmaci equivalenti o generici, a prezzi inferiori, non essendo chiamate a ripetere le fasi di sperimentazione, pur dovendo effettuare i test sulla bioequivalenza.
La sperimentazione clinica prevede la partecipazione di molti attori: dall’Istituto superiore di sanità per le autorizzazioni degli studi di fase I ai Comitati etici e le Direzioni generali per i pareri e le autorizzazioni di merito nelle strutture sanitarie in cui si svolge le fasi cliniche, fino alla rete Eudravigilance per la segnalazione di reazioni avverse in corso di sperimentazione. Anche l’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, svolge un ruolo fondamentale, in particolare per quanto riguarda le attività di raccordo e di indirizzo.
Possiamo immaginare i costi di questi 12 anni di sperimentazione obbligatoria, a carico dell’azienda, la quale dovrà recuperare nei successivi anni gli investimenti (compresi quelli su altri prodotti che non hanno superato la fase sperimentale e quindi non sono sfociati sul mercato) e ottenere ovviamente anche margini di guadagno. Tutto ciò spinge a una concentrazione della ricerca nei laboratori di grandi dimensioni con economie di scala e la formazione di veri e propri trust, grazie a fusioni, incorporazioni e alleanze sinergiche. La nascita dei cosiddetti farmaci generici o equivalenti compensa in parte questi equilibri, ma questa è un’altra storia…