Nel 1998 il Metodo non aveva superato i test scientifici

La cura Di Bella può produrre benefici
Per il giudice se ne deve caricare l’Asl

di oggisalute | 3 febbraio 2014 | pubblicato in Attualità,Cure e terapie
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Ricordate la terapia Di Bella? Si tratta di una cura per i tumori alternativa a quelle più diffuse (dalla chemio alla radioterapia), a base di somatostatina, bromocriptina, ciclofosfamide, melatonina e vitamine, messa a punto dal fisiologo Luigi Di Bella, oggi scomparso. Prometteva margini di guarigione migliori e negli anni Novanta alimentò grandi speranze ma, nel 1998, non superò la fase della sperimentazione scientifica. Fu tanta l’amarezza che ci fu chi parlò di boicottaggio ed è per questo che alcuni pazienti hanno preferito in questi anni, pur a spese proprie, sottoporsi a questa terapia piuttosto che a quella tradizionale.

In questi giorni alcuni giornali l’hanno fatta tornare alla ribalta, cogliendo alcune affinità col metodo Stamina, ma adesso a farne parlare è il Tribunale di Lecce: il giudice del Lavoro ne ha di fatto disposto la somministrazione gratuita da parte dell’Asl relativamente a una donna, sottolineando come la “terapia ufficialmente riconosciuta sia stata inefficace nel caso della paziente“, mentre la terapia secondo il protocollo Di Bella, “oltre che notevoli benefici di tipo soggettivo, ha prodotto anche un miglioramento obiettivo e iconografico”. L’affinità con Stamina continua, visto che anche in questo caso più giudici del Lavoro hanno autorizzato strutture pubbliche a infusioni di cellule staminali.

La sentenza del Tribunale di Lecce, notificata a gennaio, ha per l’esattezza condannato la Asl a rimborsare a una donna affetta da tumore i 25 mila euro sostenuti per la terapia. I miglioramenti seguiti alla cura Di Bella sarebbero stati certificati da medici e riguarderebbero sia il piano clinico sia quello strumentale sia quello sintomatico. Secondo il giudice, Francesca Costa, “atteso che dagli ultimi documenti emerge una situazione clinica in cui accanto ad una progressione di malattia sono evidenti riduzioni e addirittura la scomparsa di alcune lesioni con un miglioramento rispetto al periodo pre-trattamento che rende il trattamento stesso insostituibile“.

La donna si era sottoposta nel 2003 a intervento chirurgico per carcinoma alla mammella, ma nel 2010 aveva avuto una recidiva radioresistente, per la quale, quindi, la radioterapia si era mostrata inefficace. Di fronte all’avanzata della malattia ha quindi deciso di rivolgersi alla cura Di Bella, prescrittale dal figlio del suo fondatore, Giuseppe, riscuotendo benefici non solo soggettivi ma anche refertati da personale medico, al punto da giudicare la cura “indispensabile” e “insostituibile“, chiedendone quindi la copertura da parte del sistema sanitario pubblico.

Non tutti sono d’accordo con questo modo di procedere, primo fra tutti il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, secondo cui “il metodo scientifico e il rigore debbano essere riconosciuti da tutti, per rafforzare le istituzioni mediche, che devono avere l’ultima parola“. Nel mondo politico, tuttavia, si hanno anche posizioni diverse, tanto che di recente è stato depositato alla Regione Siciliana un disegno di legge che prevede uno stanziamento di cinque milioni proprio per i pazienti che si volessero sottoporre alla terapia Di Bella, suscitando la reazione della Società italiana di farmacologia.

Del resto, riscontrando che ogni individuo ha reazioni differenti alla stessa terapia e in tempi in cui, perciò, anche la medicina diventa sempre più personalizzabile, non ci si può affidare esclusivamente alla sperimentazione scientifica, che ragiona giustamente in termini statistici e di generalità, ma bisognerebbe forse guardare agli effetti che la terapia provoca su ogni singolo malato, naturalmente con riscontri oggettivi refertati da medici.

Come si legge nella sentenza, “in un caso specifico, ferma restando la legittimità delle valutazioni operate dalla Commissione unica per il farmaco, bisogna prima accertare l’efficacia terapeutica di un medicinale, richiedendo la prova di un effettivo miglioramento della patologia tumorale sotto il profilo curativo e non soltanto palliativo, e poi dimostrarne l’insostituibilità per l’inutilità del trattamento con farmaci compresi nelle classi a e b (rispettivamente a totale carico del servizio sanitario nazionale e cofinanziati dal paziente al 50 per cento, ndr). Il metodo Di Bella potrà, pertanto, risultare terapia farmaceutica da porsi a carico del ssn quando le cure tradizionali garantite dal ssn con oneri a suo carico (chemioterapia, radioterapia ecc.) non dovessero risultare utili all’arresto o alla cura della malattia tumorale o non potessero più essere tollerate dal paziente per tali finalità curative”.

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