Diabete dell’adulto, guarire è possibile?
Uno studio mostra l’efficacia della macrobiotica Ma-Pi
Che l’alimentazione fosse un pilastro portante nella lotta all’obesità e alle patologie metaboliche è risaputo e unanimamente riconosciuto, ma qual è la dieta più efficace? La maggior parte dei diabetologi è concorde sui principi generali: ridurre quasi a zero l’apporto di carboidrati semplici, aumentare notevolmente le fibre alimentari, attraverso verdure, ortaggi e cereali integrali, evitare l’alcol e ridurre le proteine e i grassi, soprattutto se di origine animale. Bene, il ritratto sembra quello della “dieta mediterranea“, anche se proprio nell’area del Mediterraneo il diabete di tipo 2, meglio noto come diabete dell’adulto, è stato sempre diffuso, tanto più oggi che della dieta mediterranea resta solo un vago ricordo di cui ci si fregia con un pizzico di vanità.
Un’altra dieta che risponde grosso modo a questo profilo è la macrobiotica, che in Oriente ha radici filosofiche molto antiche ed è stata attualizzata e diffusa in Occidente dal giapponese George Ohsawa. Macrobiotica significa letteralmente “grande vita“, nel duplice senso di durata e di qualità. Si basa sull’idea che, attraverso la comprensione delle relazioni tra alimentazione, stile di vita e ambiente, sia possibile mantenersi a lungo in salute.
Nel corso degli anni si sono sviluppate numerose scuole “macrobiotiche”, a volte persino opposte fra loro, dando origine a molta confusione e opinioni diverse. Si deve all’opera di Mario Pianesi la divulgazione, prima in Italia, poi in altre nazioni, di un’interpretazione della macrobiotica fedele all’insegnamento di Ohsawa, pur adattandola alle coltivazioni tipiche del nostro Paese. Dopo avere iniziato a studiare la sua dieta personale e a coltivare in proprio cereali, verdure e legumi senza l’uso di prodotti chimici di sintesi, nel 1980 Pianesi fonda l’associazione Upm (Un punto macrobiotico), presente oggi in Italia con oltre cento realtà affiliate. Dai suoi studi nascono cinque tipi di dieta, chiamate “Ma-Pi” dalle iniziali del suo nome e cognome, cinque e non una, per venire incontro alle differenze da persona a persona, da quella più contenuta (la “Ma-Pi 1”) alla più completa (la “Ma-Pi 5”).
I ricercatori dell’unità di Endocrinologia e diabetologia del Policlinico universitario Campus Bio-Medico, diretta da Paolo Pozzilli, hanno messo a confronto la dieta Ma-Pi 2, quella consigliata per i soggetti affetti da alcune patologie fra cui il diabete, con il regime alimentare indicato dalle Società scientifiche diabetologiche. “Uno studio unico al mondo nel suo genere – afferma il professore Pozzilli – che ha coinvolto 56 pazienti con diabete di tipo 2, maschi e femmine, di età compresa fra i 40 e i 75 anni e un indice di massa corporea tra 27 e 45 kg/m2, quindi sovrappeso e obesi“. I volontari sono stati divisi in due gruppi in maniera casuale e ‘chiusi’ – è proprio il caso di dire – in due differenti alberghi per 21 giorni. La ricerca comprendeva non solo l’assistenza durante i pasti, ma anche ispezioni nelle stanze nelle ore in cui gli ospiti erano impegnati appunto a mangiare. I due gruppi sono stati sottoposti alle due diverse diete.
I soggetti sono stati monitorati costantemente da un’équipe di medici, che ha tenuto conto dei principali parametri antropometrici e metabolici, come il peso, la pressione sanguigna e i valori glicemici. “Durante i 21 giorni del trial – spiega il Paolo Pozzilli – entrambi i gruppi di trattamento dietetico hanno ridotto in modo significativo e in qualche caso sospeso la somministrazione di farmaci utilizzati per il controllo del diabete. Abbiamo voluto misurare scientificamente – continua – l’efficacia dell’alimentazione macrobiotica confrontandola con la dieta di controllo raccomandata dalle società scientifiche”. Nonostante la Ma-Pi 2 fosse leggermente più calorica (1803 calorie contro le 1798 della dieta di controllo), ha avuto risultati migliori. Se la prima si componeva per il 73 per cento di carboidrati complessi (quindi a lento assorbimento), con un carico di fibre superiore, la seconda arrivava solo al 49,3 per cento, in favore di proteine e lipidi, che erano rispettivamente pari al 18,4 e al 32,3 per cento, contro l’11,8 e il 15,2 della dieta pianesiana. La dieta Ma-Pi 2 comprende cereali integrali (riso, miglio e orzo) sei tipi di verdure (coltivate in modo naturale), quattro tipi di legumi, sale marino non raffinato e tè verde bancha.
La macrobiotica ha vinto per efficacia, con una riduzione in termini statistici delle glicemie sia a digiuno che dopo pranzo, tornate ai valori di prediabete nella totalità dei casi, mentre lo stesso risultato si è avuto solo nel 50 per cento del campione sottoposto a dieta di controllo. Questo ha permesso la sospensione dei farmaci in molti dei soggetti che hanno seguito la Ma-Pi 2, cosa avvenuta solo in un caso del gruppo di controllo. La macrobiotica ha vinto pure sul campo dell’emoglobina glicata, che valuta la glicemia degli ultimi tre mesi, riducendosi di 0,5 punti percentuali, contro gli 0,2 del gruppo di controllo.
Ma allora si può guarire dal diabete? “No, non si guarisce dal diabete – ribatte secco Paolo Pozzilli – però con la dieta Ma-Pi 2 abbiamo visto che si ottiene un migliore controllo metabolico“, insomma, con la macrobiotica si può controllare il diabete, sospendendo nella maggior parte dei casi anche i farmaci, il tutto senza incorrere negli effetti collaterali della malattia. Un altro dato sorprendente ha riguardato la pressione arteriosa, diminuita nel gruppo Ma-Pi 2 e non nel secondo, come pure la riduzione di peso: al termine delle tre settimane i soggetti del campione Ma-Pi pesava mediamente 5 kg in meno, mentre gli altri ne avevano perso ‘soltanto’ 2,5. La dieta macrobiotica vince anche per quanto riguarda l’ldl (il cosiddetto colesterolo cattivo) e il colesterolo totale, mentre i trigliceridi si sono ridotti di più con la dieta di controllo. I risultati dello studio sono stati presentati a dicembre a Melbourne, al congresso dell’International Diabetes Federation.
La ricerca, come è evidente, può avere delle importanti ricadute sul campo della cura e soprattutto della prevenzione del diabete, che colpisce sempre più persone nel mondo, soprattutto in Occidente. Come è stato anche da noi denunciato, le persone interessate dalla malattia si sono quasi decuplicate negli ultimi decenni, passando da 30 milioni nel 1985 a 285 milioni nel 2010, inducendo la Federazione medica a stimare che nel 2031 la quota salirà a mezzo miliardo. L’escalation non lascia dubbi sul fatto che le cause genetiche non possano avere un peso così determinante e sono spesso un alibi più che un incentivo a fare maggiore prevenzione. La maggior parte di responsabilità va invece attribuita a cause ambientali e al mutamento degli stili di vita, in primo luogo all’alimentazione. “Visti i risultati dello studio – preannuncia Pozzilli – faremo presto uno studio di lungo periodo“. Nel frattempo il Campus Bio-Medico si sta adoperando per attivare un centro informazioni e consultazioni per chi fosse interessato ad avvicinarsi alle diete Ma-Pi come alternativa terapeutica all’approccio tradizionale, pur sempre sotto attento controllo medico.
L’associazione nazionale e internazionale Upm è presente e collabora attualmente, con governi e istituzioni scientifiche in vari Stati d’Europa, Asia, Africa e America Latina. Collabora ed è patrocinata da organismi nazionali e sovranazionali, quali Fao, Unesco, Wfp, Ipgri, Ifad, Parlamento europeo, ministeri (italiani e di altri Paesi), fra cui quello della Salute e quello dell’Ambiente e dell’agricoltura. Dal 2003 è Ente morale riconosciuto, dal 2005 fa parte della Consulta degli enti ed associazioni della Cni-Unesco per il decennio Onu di Educazione allo sviluppo sostenibile. Dal 2006 è riconosciuta con decreto ministeriale come Ente nazionale con finalità culturali e assistenziali, dal 2006 fa parte del Comitato nazionale per le celebrazioni ufficiali italiane per la Giornata mondiale dell’alimentazione, coordinato dal ministero degli Esteri. Dal 2007 è riconosciuta come Associazione di promozione sociale con decreto del ministero della Solidarietà sociale e dal 2008 collabora con l’Unccd per la Giornata mondiale della lotta alla desertificazione. L’associazione attualmente è presente in Italia con più di cento realtà (negozi, ristoranti, cooperative agricole, laboratori alimentari, forni a legna e case editrici).
La dieta MA-PI è VERAMENTE IMPORTANTE, CERCHERò NDI SEGUIRLA E CONSIGLIERò A TUTTI I CONOSCENTI DI PRATICARLA!
IN SEGUITO FARò CONOSCERE I RISULTATI CONSEGUITI.GRAZIE .
LA TESI DEL PROF.PIANESI E’ MOLTO INTERESSANTE!INTENDO SEGUIRLA E CONSIGLIARLa a parenti ed amici. Appena possibile comunicherò gli esiti. Grazie.
Salve! Non so se questo rappresenti il sito adatto a risolvere i miei dubbi, comunque provo lo stesso ad inviare la mia richiesta. Vorrei sapere se (al di là di eventuali controlli della glicemia dopo carico orale di glucosio) con una glicemia a digiuno di 112 mg/dl e un’emoglobina glicata di 7 in un referto di laboratorio e di 8 in uno successivo sia necessario intraprendere una terapia farmacologica o sia sufficiente adottare uno stile di vita più sano (perdita di peso, esercizio fisico, dieta mediterranea o meglio Ma-Pi 2). Grazie. Ersilia De Feo
Grazie per la domanda, purtroppo però non saprei darle una risposta non essendo un medico. Le consiglio di parlarne con un medico diabetologo specializzato, magari chiedendo se come dieta di supporto possa seguire quella macrobiotica di Mario Pianesi. Potrebbe anche provare a chiedere al professore Pozzilli. Credo che dal diabete non si guarisca ma di sicuro l’esercizio fisico e la dieta giocano un ruolo fondamentale non solo nella prevenzione ma anche nel controllo della malattia, tanto che si può riuscire ad avere aspettative di vita (sia in termini di durata che di qualità) equivalenti a quelle di un soggetto sano: è una malattia diffusa ma assolutamente controllabile.
Le consiglio anche questi due nostri articoli:
Intervista al presidente dell’Amd (Associazione medici diabetologi), Antonio Ceriello
Coinvolgimento del paziente diabetico, della dottoressa Nicoletta Musacchio
Curarsi dal diabete a partire dalla tavola, del dottor Sergio Leotta e la sua equipe (Maria Altomare e Silvia Carletti)
In particolare può provare a chiedere direttamente a quest’ultimo, commentando il suo post, magari citando lo studio del professor Pozzilli.
La divulgazione di tale sperimentazione medica è necessaria per avere la conoscenza di un riscontro coerente in termine di prevenzione e di cura.
Buon lavoro a tutti voi: giornalisti di “Oggisalute”; UPM; medici e pazienti che hanno deciso di curarsi con uno stile alimentare semplice economico ed efficace!
grazie per la lettera , non mi dispiacerebbe riceverla
vale molto questa info
Buongiorno
grazie per aver divulgato questo articolo, così chiaro ed esaustivo per quanto riguarda la spiegazione della sperimentazione svolta a Roma. Penso che la lettura di queste righe potrebbe e dovrebbe far riflettere diverse persone e salvare la vita a tutti quelli che volessero intraprendere una via diversa per combattere la loro malattia.
Grazie ancora e buon lavoro
Grazie a lei per queste parole! Come testata, siamo impegnati nella tutela della salute e ben lieti di divulgare tutti quei metodi per così dire alternativi, che evitano o quantomeno riducono il ricorso ai farmaci, quindi senza alcun effetto collaterale. Gran parte della prevenzione (non solo primaria) passa inevitabilmente dalle nostre tavole, perché di fatto tutte le nostre molecole sono costituite da ciò che ingeriamo, quindi credo che dovremmo prestare sempre maggiore attenzione alla combinazione di alimenti, alla loro provenienza e anche al loro metodo di conservazione e cottura. Se col nostro giornale possiamo anche minimamente contribuire a questa progressiva presa di coscienza ne siamo enormemente felici.