Siete incinte? Attenzione all’Helicobacter pylori
Possibili complicazioni gravi in maternità
L’Helicobacter Pylori è noto per essere principalmente il responsabile di ulcera e gastrite, ma ora si scopre che ha anche un collegamento con diversi disturbi che possono emergere durante la gravidanza. A rilevarlo è uno studio dal titolo appena pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale World journal of gastroenterology, condotto da Tullia Todros, direttrice di Ginecologia e ostetricia 2 universitaria dell’ospedale Sant’Anna della Città della salute di Torino, Simona Cardaropoli e Alessandro Rolfo, in cui per la prima volta è stata analizzata in modo approfondito la letteratura scientifica internazionale riguardante l’eventuale associazione tra questo batterio e le patologie della gravidanza.
Per la prima volta è stata presa in considerazione non solo la possibile associazione tra l’infezione da Helicobacter pylori e i disturbi gastrici, come l’iperemesi gravidica (grave forma di nausea e vomito che si manifesta nelle prime settimane di gravidanza), ma anche l’associazione con altre importanti patologie della gravidanza che non coinvolgono direttamente l’apparato gastroenterico. Infatti è ormai noto che l’infezione da Helicobacter pylori non è solo alla base di gastrite ed ulcera, ma è spesso associato a patologie non gastriche di vario tipo come le patologie cardiovascolari, le malattie autoimmuni o il diabete. Nel caso della correlazione tra l’infezione da H. pylori e disturbi legati alla gravidanza, gli studi si sono concentrati principalmente sull’anemia da carenza di ferro, le malformazioni fetali, l’aborto spontaneo, la pre-eclampsia e la restrizione della crescita fetale.
L’infezione da H. pylori può agire attraverso meccanismi diversi. Ad esempio, questo batterio è in grado di sottrarre micronutrienti come ferro e vitamina B12 e la carenza di tali elementi può essere alla base dell’anemia sideropenica materna e di difetti del tubo neurale del feto, come la spina bifida. L’infezione da Helicobacter causa una risposta infiammatoria e stress ossidativo sia a livello locale, con conseguenti disturbi gastrointestinali, sia a livello sistemico come nel caso della pre-eclampsia. Inoltre è stato dimostrato che gli anticorpi specifici anti-H. pylori sono in grado di reagire con antigeni localizzati nel tessuto placentare e sulle cellule endoteliali. Il conseguente danno cellulare può essere alla base dell’aborto spontaneo, della pre-eclampsia e della restrizione di crescita fetale, due gravi patologie della gravidanza attualmente non suscettibili di trattamento.
Quasi sempre il batterio è presente già prima della gravidanza, magari in maniera latente. Si ritiene perciò che siano i cambiamenti ormonali e immunologici che si verificano durante la gravidanza ad attivare l’infezione, con conseguenze sia per la salute della madre che del feto. Ciò nonostante non pare che avvenga la trasmissione del batterio al piccolo, né in gravidanza né al momento del parto, anzi, in presenza dell’infezione, vengono trasmessi al bambino gli anticorpi specifici contro questo microrganismo, sia attraverso la placenta che attraverso l’allattamento naturale. Questo potrebbe essere il solo aspetto positivo, tuttavia non è chiaro se gli anticorpi materni sono in grado di proteggere i bambini contro la colonizzazione dell’H. pylori.
Tuttora il gruppo del Sant’Anna è impegnato a studiare in modo più approfondito queste associazioni e a valutare la possibile correlazione tra l’infezione da H. pylori e altre malattie legate alla gravidanza le cui cause sono ancora sconosciute, come il diabete mellito gestazionale, la colestasi gestazionale ed il parto pretermine spontaneo. Dal momento che l’infezione da H. pylori è curabile, la dimostrazione del suo ruolo causale nei disturbi legati alla gravidanza può avere importanti implicazioni socio-economiche. È probabile che la diagnosi pre-gravidanza e l’eradicazione preventiva dell’H. pylori riducano l’incidenza di alcune di queste complicazioni. La progettazione di un vaccino efficace sarà ancor più utile al fine di evitare problemi di farmaco-resistenza e reinfezione.