Castagno: "Fondamentale uno stile di vita sano anche a tavola"

Scompenso cardiaco acuto, 200mila nuovi casi ogni anno
Dalla ricerca nuove speranze

di oggisalute | 12 maggio 2014 | pubblicato in Cure e terapie,Prevenzione
scompenso-cardiaco

Mancanza di fiato, rapido aumento di peso dovuto all’accumulo di liquidi in tutto il corpo, battito cardiaco accelerato e talvolta irregolare: sono questi i sintomi più frequenti dello scompenso cardiaco acuto. Sindrome invalidante, per la quale il cuore perde progressivamente la capacità di pompare in modo adeguato il sangue nell’organismo e che può avere conseguenze letali. Dei pazienti colpiti, il 7% non sopravvive al primo episodio, il 35% muore nell’arco di un anno, il 70% entro cinqueLo scompenso cardiaco è più letale di molte patologie tumorali: considerando una finestra temporale di 5 anni, ha un tasso di mortalità doppio rispetto a quella dovuta al tumore al seno (35%) ed è superiore a quella causata dal tumore all’intestino (65%).

Un fenomeno in crescita – si tratta della più comune causa di ospedalizzazione per i pazienti con più di 65 anni – che in Italia fa registrare quasi 200 mila nuove diagnosi ogni anno. Oggi, finalmente, dalla ricerca arrivano nuove speranze di cura. “Lo scompenso cardiaco rappresenta una vera e propria epidemia nei paesi occidentali – spiega Davide Castagno, ricercatore della divisione di Cardiologia universitaria diretta da Fiorenzo Gaita della Città della salute e della scienza di Torino – I progressi della cardiologia moderna, in particolare quelli nel trattamento dell’infarto miocardico acuto, hanno infatti contribuito al progressivo aumento dei casi di scompenso cardiaco che rappresenta lo stadio terminale della maggior parte delle cardiopatie”. Lo scompenso cardiaco si caratterizza inoltre per le frequenti riacutizzazioni e per l’elevato rischio di ricoveri ospedalieri ripetuti che determinano un significativo dispendio di risorse pubbliche“.

Oltre alla cardiopatia ischemica e all’infarto del miocardio, le cause che più comunemente possono condurre all’insorgenza di scompenso cardiaco sono l’ipertensione, le patologie delle valvole cardiache, l’aterosclerosi, l’eccessivo consumo di alcol e alcune forme di aritmia. I numeri confermano che si tratta di una sindrome che non deve essere sottovalutata. Oltre a un forte impatto sulla qualità di vita del paziente anche gli sforzi economici a carico del servizio sanitario nazionale non sono affatto trascurabili, se si considera che questi ultimi sono la seconda voce di costo per ricoveri dopo quelli per il parto.

Nonostante il notevole impatto epidemiologico, le modalità di trattamento delle forme acute di scompenso sono rimaste invariate negli ultimi anni. “Quando il paziente arriva al pronto soccorso durante un episodio acuto – spiega Castagno – i trattamenti convenzionali consistono nella somministrazione di ossigeno e diuretici, talvolta di vasodilatatori, per ridurre la mancanza di fiato (dispnea) e il sovraccarico di liquidi (congestione). Purtroppo, le armi a disposizione non sono molte e gli studi scientifici che negli ultimi vent’anni hanno testato l’utilizzo di nuove molecole per il trattamento dello scompenso cardiaco acuto hanno fornito risultati neutri o negativi”.

Ad esempio, è in corso uno studio internazionale, che coinvolge anche le divisioni di Cardioogia universitaria e di Medicina d’urgenza della Città della salute e della scienza di Torino e 6.500 pazienti. Saranno testati gli effetti di una versione ricombinante della relaxina-2, un ormone ad azione vasodilatatrice prodotto dalle donne in gravidanza. “In uno studio preliminare – spiega Castagno – questa molecola si è dimostrata in grado di migliorare la dispnea e i segni clinici di congestione con una riduzione significativa della mortalità. Se questi risultati venissero confermati dal nuovo studio, avremmo finalmente a disposizione un farmaco in grado di migliorare la sintomatologia e la sopravvivenza del paziente affetto da scompenso cardiaco acuto”.

Accanto alle terapie farmacologiche, un ruolo fondamentale nella lotta allo scompenso cardiaco è giocato dalla prevenzione. Come sottolinea Castagno, “è necessario uno stile di vita sano, che preveda attività fisica e dieta equilibrata a basso contenuto di sodio sono cruciali, soprattutto in quei soggetti che vengono considerati a rischio, oltre ad aiutare i pazienti a riconoscere e distinguere i principali sintomi e i segni premonitori“.

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