Spesso si associa a colon irritabile e ad altre allergie

Sensibilità al glutine, è davvero così tanto diffusa?
Servono diagnosi sicure e stili di vita adeguati

di oggisalute | 13 maggio 2014 | pubblicato in Ricerca
celiachia

Celiachia, ci siamo ormai abituati a convivere con questa nuova parola e, con una dieta tradizionalmente basata – com’è giusto – sui carboidrati complessi, com’è quella mediterranea, questo può essere un problema per chi è costretto a farvi i conti, ma anche per chi è addetto alla spesa e alla cucina. Il glutine, che scatena la reazione, è sì una proteina, ma presente in molti dei cereali comunemente consumati, grano in primo luogo. Un altro problema, tuttavia, che si è cominciato a diffondere è la sensibilità al glutine, una sorta di sorella minore della celiachia. Ma esiste davvero? Per alcuni è solo una patologia in più, in realtà inesistente, inventata per sostenere la domanda e dunque la commercializzazione di prodotti gluten free. Il solito complottismo che ha bersaglio privilegiato nell’industria farmaceutica e alimentare o c’è qualcosa di vero? La stessa Aic, l’Associazione italiana celiachia, rivela che in Italia si spendono quasi 6 milioni di euro al mese per l’acquisto di prodotti senza glutine di cui non si avrebbe realmente bisogno.

Come sempre la verità sta nel mezzo. Esiste, la sensibilità al glutine non celiaca non è un’invenzione commerciale, ma forse non è quella che immaginavamo. Innanzitutto non colpisce il 6% della popolazione, come si era postulato, ma poco più dell’1%. Lo affermano le ultime ricerche made in Italy, tra cui una promossa dall’Aic e dalla Fondazione Celiachia, coordinata da Umberto Volta, docente di Medicina interna all’Università di Bologna, e Gino Roberto Corazza, direttore della Clinica medica dell’Università di Pavia e presidente della Società italiana di medicina interna. I risultati, pubblicati su Bmc Medicine, ci dicono che il problema è molto meno diffuso di quanto si pensi e tracciano un profilo preciso. Su 500 casi presi in considerazione arrivati in 38 centri specializzati, la celiachia colpisce l’1% della popolazione, mentre la sensibilità al glutine l’1,15%. “Il problema è più frequente tra le donne e – spiega Volta – si manifesta sia con i classici sintomi intestinali anche con disturbi neurologici ed entro 24 ore dall’assunzione di glutine, associandosi spesso ad altre patologie, come colon irritabile, intolleranze alimentari e allergie“.

Tutto ciò è confermato da un’ulteriore ricerca dello stesso Corazza, condotta su 120 pazienti di un centro di gastroenterologia che avevano sospetta sensibilità al glutine. Come prima cosa sono stati esclusi coloro che avevano celiachia vera e propria o altre forme di intolleranze e allergia, come quella al frumento, o colon irritabile. Da questa scrematura ne sono rimasti soltanto 65, che sono stati quindi sottoposti a una dieta senza glutine. Successivamente a ciascuno dei pazienti sono state somministrate delle capsule, in alcune di queste c’era il glutine e in altre un placebo: né i pazienti né i medici erano a conoscenza se si trattasse della proteina o meno. Successivamente, ancora, chi aveva ricevuto il placebo ha preso il glutine e viceversa. La stessa procedura è stata testata anche su soggetti sani.

Ciò che ne risulta è che la sensibilità al glutine esiste ma che pure in chi non ha sintomi evidenti si ha una maggiore fermentazione nell’intestino. Come spiega Corazza, “l’uomo non è abituato al glutine, essendo stato introdotto nella dieta umana relativamente tardi: nella maggior parte dei casi non crea fastidi ma alcuni, pur non essendo celiaci, avvertono sintomi concreti”. In altre parole, anche in presenza di disturbi fisici non tutti li percepiscono allo stesso modo, di norma dipende dalla soglia di sensibilità viscerale, quindi  il glutine può creare malessere senza tuttavia essere avvertito a livello intestinale. “In alcuni casi, poi, il problema può manifestarsi perché il glutine è una esorfina – aggiunge Corazza – ovvero un’endorfina esterna che stimola il sistema nervoso con proprietà simili agli oppioidi, il che spiega probabilmente la frequenza dei sintomi neurologici“.

Per tutta questa serie di motivi, una stima esatta del problema è difficile. Inoltre gli studi sono pochi e sono in pochi a ricorrere a test per la celiachia, preferendo l’autodiagnosi, ma questo è pericoloso perché si potrebbe essere invece celiaci, con tutte le complicanze derivanti dal trascurare la patologia stessa.

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