"Un'ondata positiva di stress"

Tutti pazzi per i Mondiali
Cosa scatta nel cervello del tifoso?

di oggisalute | 19 giugno 2014 | pubblicato in Attualità,Psicologia e sessualità
tifo

Una follia collettiva o una forma di comunione per unire la comunità nazionale? C’è un po’ di tutto nell’emozione calcistica dell’unico evento al mondo che ogni quattro anni riesce ancora a catalizzare l’attenzione e gli entusiasmi di tutto il pianeta. I mondiali di calcio rappresentano ancora uno degli ultimi grandi eventi emozionali di massa in grado di sintonizzare e sincronizzare le emozioni delle persone. Con il potere magico di farci “piangere ed abbracciare ancora”.

Ma cosa avviene nella nostra testa? Cosa è che innesca tali meccanismi? “Il primo aspetto – afferma il neurologo Piero Barbanti, responsabile del Centro per la diagnosi e la cura delle cefalee e del dolore del San Raffaele Pisana – è l’attesa dell’evento, che vuol dire motivazione ed energia. Il sistema vegetativo, il nostro ministro degli interni, indirizza progressivamente la vita viscerale dal tram tram quotidiano verso l’inquietudine, tramite una attivazione simpatica adrenergica. Il risultato è una sensazione di maggiore di vitalità. Poi c’è la partita, e dunque il senso del rischio. È questo l’elemento eccitante per il tifoso, non il conseguimento del risultato finale: è dimostrato che il “piacere per la ricompensa” (reward) è elevatissimo nelle condizioni di massimo rischio (cioè il soggetto non sa se vincerà o perderà) e minimo nelle condizioni estreme (quando sa di aver perso o di avere vinto)”. Questo meccanismo coinvolge la dopamina e una serie di circuiti che vanno dalla corteccia cerebrale (area che solitamente fa da freno agli impulsi) a nuclei profondi come lo striato ventrale e l’accumbens.

Questi meccanismi che si consumano all’interno del nostro sistema nervoso e possono coinvolgere anche altri organi e parti del corpo (aumento del battito cardiaco o della respirazione, mal di pancia, salti improvvisi, pianti o gesti con le mani), non riguardano però solo il singolo, ma diventano un’occasione per uno scambio sociale di emozioni: l’estraneo diventa nostro fratello e non sono rare, di fronte a un gol tanto atteso, di scene di abbracci fra vicini, magari sconosciuti. Come afferma il professor Barbanti, infatti, “è indiscutibile che i mondiali costituiscano un’occasione irripetibile di socialità e felicità collettiva in un mondo in cui accostiamo ma non amalgamiamo con l’altro le nostre esperienze emotive”.

Il torneo più prestigioso del mondo è il pretesto che tutti aspettano per fermarsi, per stare in compagnia, per ritrovarsi e abbuffarsi (il cibo è un altro momento essenziale di convivialità). Mentre si “soffre”, si gioisce, si esulta. Si ride, si scherza, si urla. E un po’ ci si stressa pure. Ma come sottolinea Barbanti “è una positiva ondata di stress“. Nell’attesa che il 13 luglio il cielo sia di nuovo azzurro su Rio de Janeiro.

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