Donne e chemioterapia: arriva in Italia
il casco che protegge i capelli
Si è svolto giovedì scorso a Milano “Ieo per le Donne”, il primo e tutt’ora unico incontro in Italia organizzato da un ospedale per il dialogo con i pazienti, dopo e al di là del ricovero e la cura. Voluto e ideato da Umberto Veronesi otto anni fa per le donne colpite da tumore del seno, l’evento ha l’obiettivo non solo di accogliere le pazienti, ma anche di dare un segnale ai medici e alla società su cosa vuol dire oggi ammalarsi di cancro del seno, e fin dove può spingersi l’oncologia moderna per la guarigione della donna nella sua globalità di persona.
Il cancro del seno colpisce una donna su otto in Italia e si stima che siano oltre 520.000 coloro che hanno avuto una diagnosi di questo tumore. La medicina d’avanguardia può e deve prendersi cura di questa popolazione. “La cura ottimale oggi non è più soltanto quella che garantisce il miglior risultato oncologico immediato – dichiara Roberto Orecchia, direttore scientifico Ieo – ma quella che procura anche il minor danno, nel tempo, alla persona che ha o ha avuto un tumore e si reinserisce in una vita affettiva, lavorativa, sociale. E parliamo di danno sia fisico che psicologico”.
“Riuniamo le nostre pazienti di tumore al seno – spiega Paolo Veronesi, direttore della Chirurgia Senologica, che conduce l’incontro – per capire se siamo riusciti a togliere il tumore dalla loro mente, oltre che dal loro corpo. Quindi chiediamo loro di testimoniare cosa è successo dentro di loro e intorno a loro, una volta dimesse dall’ospedale. Da parte nostra le informiamo su cosa facciamo per aiutarle ad affrontare e superare la malattia, non solo dal punto di vista oncologico. Con ‘Ieo per le Donne’ entriamo, di fatto, nella nuova era della medicina della persona, che mira al benessere psicologico, oltre che fisico”.
Ieo ha creato diversiservizi fondati sull’attenzione alle esigenze della persona: dallo Spazio Benessere, come supporto per pazienti e familiari durante il percorso terapeutico in ospedale, al progetto ”Medici Ieo nella tua Città” che porta gli specialisti sul territorio per evitare ai pazienti, ove possibile, trasferte impegnative, oltre a una serie di agevolazioni per i loro trasferimenti allo Ieo.
Ma anche nella terapia l’obiettivo è l’attenzione alle persone nella loro identità completa. Un esempio importante è rappresentato da uno speciale caschetto che si indossa durante la chemioterapia per non perdere i capelli. In Ieo è stato utilizzato da 30 pazienti di tumore al seno, con risultati incoraggianti: in alcuni casi la capigliatura è rimasta intatta, come testimonia una giovanissima paziente presente all’incontro. L’idea di ridurre la caduta raffreddando il cuoio capelluto risale in realtà agli anni ’60, ma i risultati con diversi tipi di copricapo sono stati fino ad oggi poco soddisfacenti.
“In Ieo stiamo valutando, primi e unici in Italia, – spiega Paolo Veronesi – un sistema avanzato di raffreddamento che, tramite un caschetto da indossare prima, durante e dopo l’infusione di chemioterapia, protegge le cellule dei bulbi piliferi del cuoio capelluto dai danni da farmaci. Il freddo diminuisce la perfusione del sangue e il metabolismo, frenando localmente l’attività ‘distruttiva’ dei chemioterapici”.
Ma sottolinea: “Va chiarito che non tutti i pazienti hanno le indicazioni al trattamento con il caschetto, perché il successo è legato alla tipologia di protocollo chemioterapico, alla dose, al tempo di infusione e, come per tutte le cure, alle caratteristiche individuali della persona. Dopo il primo gruppo pilota, continueremo a studiare questo strumento per perfezionarne ed estenderne al massimo l’utilizzo”.
“L’attenzione all’integrità e all’identità psicofisica della donna è il credo che ho trasmesso all’Istituto Europeo di Oncologia – commenta Umberto Veronesi – ed è per me una grande soddisfazione vedere come Ieo, a vent’anni dalla sua nascita, rimane pioniere nella riduzione della tossicità delle cure. I trattamenti non devono più guarire la malattia dimenticando la persona. Ripeto che dovremmo abbandonare il termine “paziente”, che indica un essere umano senza identità, che subisce passivamente. Non possiamo più immaginare di curare qualcuno senza sapere chi è, cosa pensa, qual è il suo progetto di vita. Vale a dire senza dialogo. Questo è il significato profondo di ‘Ieo per le donne'”.