Farmaci generici: “Sistema virtuoso
da attivare per il Paese”
E’ stato presentato oggi a Roma lo studio “Il sistema dei farmaci generici in Italia – Scenari per una crescita sostenibile” realizzato da Nomisma per AssoGenerici.
È il primo studio scientifico di questa portata realizzato in Italia e, assieme ad un’analisi approfondita dello status quo, mette in luce un aspetto troppo spesso trascurato: “L’approccio che abbiamo utilizzato tiene insieme la questione del rilancio della crescita industriale del Paese con le ineludibili necessità di razionalizzazione della spesa” spiega Federico Fontolan di Nomisma “ricercando, all’interno delle complesse dinamiche che interessano il sistema del mercato, delle regole e dei comportamenti in ambito farmaceutico, i possibili sviluppi potenziali che consentano alla specifica categoria dei farmaci generici di esercitare il migliore impatto possibile sul sistema-paese”. A questo scopo, tra l’altro, è stata condotta un’indagine su un campione rappresentativo di cittadini-pazienti, medici e farmacisti, dalla quale è evidente che ormai diffidenze e preconcetti, anche e soprattutto tra gli utenti, sono ormai alle spalle e restano semmai da superare abitudini consolidate, soprattutto nella prescrizione, che non hanno più ragione di essere.
Dallo studio, dunque, si conferma come il farmaco generico abbia rappresentato un elemento fondamentale per il contenimento della spesa farmaceutica, malgrado finora rappresenti soltanto il 30% circa delle vendite complessive di farmaci a brevetto scaduto. Eppure, rimuovendo gli ostacoli che ancora impediscono il suo sviluppo, il farmaco generico potrebbe rappresentare una risorsa fondamentale anche per il singolo cittadino. Infatti, se tutti i farmaci che gli italiani acquistano direttamente (OTC, SOP e farmaci di fascia C soggetti a prescrizione, inclusa la fascia A dove il cittadino paga il differenziale di prezzo con il farmaco di marca) fossero generici, il risparmio che i cittadini otterrebbero arriverebbero di 1,4 miliardi di euro ogni anno. Questo risparmio privato andrebbe ad alimentare, secondo una propensione media al consumo calcolata dalla Banca d’Italia, un incremento dei consumi in altri settori dell’economia che, nell’ipotesi massima, sarebbe di circa 700 milioni di euro: una spinta per l’economia nazionale ben superiore a quella di misure “di stimolo” oggi in discussione, ottenibile senza ridurre l’accesso a un bene indispensabile come il farmaco ma semplicemente reindirizzandolo.
Ma una politica che rimuovesse gli ostacoli che ancora frenano il settore del farmaco equivalente potrebbe determinare un aumento del turnover industriale nazionale fino a 540 milioni di euro circa, con un aumento dell’occupazione fino a quasi 20000 addetti aggiuntivi tra settore produttivo e indotto. E questo soltanto sulla base delle scadenze brevettuali che si attendono da oggi al 2020, che interessano farmaci che oggi generano un fatturato di 2,1 miliardi di euro.
“Mi sembra evidente dalle conclusioni dello studio che se il farmaco generico ha rappresentato per la sanità italiana un’ancora di salvezza, lo ha fatto pur non esprimendo appieno tutto il suo potenziale. Di questo dovrebbe tenere conto il decisore politico alla ricerca di ulteriori risparmi, anziché ipotizzare soluzioni draconiane di breve incidenza sui bilanci ma molto rischiose per il comparto farmaceutico” dice il presidente di AssoGenerici Enrique Häusermann.
“Ma al di là dell’aspetto direttamente sanitario, rimuovere gli ostacoli che ancora oggi incontrano le industrie europee del generico, per esempio permettendo la produzione per l’esportazione anche nel periodo di vigenza del brevetto verso Paesi dove il brevetto è già scaduto, potrebbe favorire lo sviluppo dell’apparato produttivo nazionale, l’aumento dell’occupazione, come dimostrato dallo studio di Nomisma, e anche migliorare la performance dell’economia nazionale. Non si tratta di andare a discapito degli altri attori dell’industria farmaceutica, anzi, ma di dare una nuova chance di sviluppo industriale a tutto il settore manifatturiero farmaceutico del nostro Paese”.
“Siamo soddisfatti dei risultati dello studio – conclude Häusermann – anche perché confermano che quanto abbiamo sostenuto in questi anni – la necessità di rivedere i meccanismi di pay-back , di eliminare il patent linkage come impone l’Europa e di promuovere il ricorso a farmaci equivalenti e biosimilari – non è soltanto funzionale ai legittimi interessi di un settore produttivo, ma rappresenta un elemento chiave per conciliare la tutela della salute e le compatibilità di bilancio, il rilancio dell’economia e il welfare, la concorrenza e la salvaguardia dei diritti del cittadino”.