Lo rivela uno studio italiano presentato a Berlino

Assolti i social network:
nessun legame con l’autolesionismo

di simone matrisciano | 20 luglio 2015 | pubblicato in Attualità
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Nessun legame tra autolesionismo e social network. È questa la tesi di uno studio tutto italiano presentato a Berlino in occasione della 13esima conferenza mondiale dell’Acbs – Association for Contextual Behavioral Science.

Un gruppo di ricercatori dell’Università Iulm di Milano, in collaborazione con l’Università Kore di Enna e lo Iescum – Istituto Europeo per lo studio del Comportamento Umano, ha condotto una ricerca su 500 “abitanti” dei social network più famosi, da Facebook a Twitter, ma anche Tumblr e YouTube. La curiosità è nata da alcuni hashtag utilizzati sempre più spesso da giovani internauti, in gran parte adolescenti, come #cutting e #selfharm.

“Abbiamo voluto indagare un gruppo particolare di persone: gli autolesionisti – dichiara Giovanbattista Presti, professore associato di psicologia generale presso l’Università Kore di Enna e coordinatore della ricerca – e lo abbiamo voluto indagare dal punto di vista dei social network, cui spesso si attribuiscono colpe che non hanno alla luce dei fatti registrati dalla nostra ricerca”.

La mappatura di diverse reti social e singoli siti internet ha messo in luce la manifestazione da parte di questi soggetti del loro disagio psicologico. Alcune evidenze messe in luce dallo studio? Il 100% di queste persone soffre di depressione (l’80% in forma grave) e sempre il 100% presenta forme di dissociazione dall’esperienza di realtà. Altro tratto che accomuna questi soggetti è una forte “rigidità psicologica”, concetto agli antipodi rispetto alla più consueta “flessibilità psicologica”, ossia la capacità di accogliere egualmente emozioni negative e positive in funzione della direzione valoriale della propria vita.

“Le 500 persone contattate – continua Presti – appartiene ai quattro angoli del mondo, per cui non è limitato ad una sola cultura o ad un solo gruppo sociale; per questo è molto interessante la sua omogeneità, e quello che ci ha colpito sono le radici comuni della loro sofferenza”.

Ma le accuse spesso rivolte ai social network di spronare verso atteggiamenti autolesionistici sono prive di fondamento. Da queste realtà virtuali i soggetti non hanno tratto ispirazione per comportamenti negativi. “Più che altro i social e i blog – spiega ancora Presti – sono vissuti come ambienti dove riflettere e ritrovarsi in gruppo. Sono persone che vivono spesso realtà isolate e alienanti, addirittura nella loro stessa famiglia”. Persone molto aperte alla collaborazione e incuriosite dall’interesse mostrato dai ricercatori nei loro confronti: “Ci hanno anche aiutato – conclude l’esperto – attivando spontaneamente reti di ‘chiamata alle armi’ per rispondere alla ricerca”.

Internet quindi come modo (e mondo) per connettersi ad altri e per fare sentire la propria voce. E un invito a tutti ad ascoltare di più.

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