Ematologia di precisione,
inizia l’era della personalizzazione
Terapie target in grado di mirare a precisi bersagli molecolari; tecnologie diagnostiche sofisticate che riconoscono, oltre alla patologia, anche le alterazioni molecolari da colpire; risultati straordinari già ottenuti o a portata di mano per malattie ematologiche complesse e a lungo “orfane” di terapie efficaci, come la leucemia mieloide cronica, la leucemia mieloide acuta e le malattie mieloproliferative.
È lo scenario presente e futuro dell’ematologia di precisione, il paradigma che sta rivoluzionando il trattamento delle malattie del sangue e che rappresenta ormai un modello per l’oncologia e tutta la medicina. Al punto da attirare l’interesse del presidente degli Stati Uniti Barack Obama che a gennaio ha annunciato la decisione di investire 215 milioni di dollari nella Medicine Precision Initiative. Alcuni dei più importanti ematologi italiani fanno il punto su questa rivoluzione che apre la strada a terapie sempre più mirate sullo specifico tumore e sul singolo paziente.
“L’ematologia di precisione si colloca nel concetto più ampio di ‘medicina di precisione’ e ha come chiave la messa a punto di farmaci innovativi mirati a specifici bersagli molecolari, utilizzati per la prima volta nel trattamento della leucemia mieloide cronica, sulla quale hanno avuto risultati estremamente positivi – afferma Fabrizio Pane, professore ordinario di ematologia e direttore U.O. di Ematologia e Trapianti, Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli, presidente SIE, Società Italiana di Ematologia – il vantaggio fondamentale di questo approccio è rappresentato dalla possibilità di personalizzare le terapia in funzione dello specifico bersaglio molecolare, assicurando maggiore appropriatezza ed efficacia terapeutica, migliore qualità di vita per i pazienti, nonché significativi risparmi”.
Il trattamento della leucemia mieloide cronica ha rappresentato, all’inizio degli anni 2000, l’apripista e il primo modello di successo dell’onco-ematologia di precisione: la chiave è stata l’identificazione dell’anomalia genetica (il gene BCR-ABL) all’origine della patologia con la successiva messa a punto di terapie intelligenti o a bersaglio molecolare: il capostipite imatinib e le terapie di seconda e terza generazione, hanno portato alle attuali, elevate percentuali di sopravvivenza con una qualità di vita paragonabile a quella della popolazione generale. Prossimo obiettivo è arrivare a sospendere il farmaco senza evidenza di ripresa di malattia, premessa della guarigione.