Dolore cronico, arriva kit
per definire la terapia migliore
Un kit per misurare il dolore e impostare in modo corretto la terapia. Si chiama Pain Generator e verrà distribuito insieme a un video illustrativo a 3.000 medici di medicina generale all’inizio del 2016. L’iniziativa è presentata oggi al 32° Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG) in corso a Firenze. E con il progetto Teseo 2 la SIMG ha definito un nuovo modello per migliorare anche l’adesione al trattamento.
“La tipizzazione del dolore costituisce il punto di partenza per definire la terapia appropriata – spiega Claudio Cricelli, presidente Simg -. In questi ultimi dieci anni il dolore è emerso come importante problema di salute pubblica, causa di gravi sofferenze e di enormi costi sanitari, pari ogni anno a circa 18 miliardi di euro. Rappresenta oggi la seconda causa di assenteismo dal lavoro per motivi medici, una persona su cinque perde la propria occupazione, il 50% dei pazienti soffre di depressione e i disturbi ansiosi sono presenti nel 40% dei casi”.
Pain Generator è composto da semplici strumenti come pennelli, batuffoli di cotone e spillette. Nel video vengono illustrati gli step che portano a classificare il disturbo come nocicettivo, neuropatico o sindrome mista meccanico-strutturale. “Il dolore cronico non oncologico costituisce uno dei più comuni motivi di consultazione medica: basti pensare che interessa nel nostro Paese oltre 15 milioni di persone, il 20% della popolazione. Mina l’integrità fisica e psichica del paziente, preoccupa i familiari e incide in maniera negativa sulla qualità della vita – afferma Pierangelo Lora Aprile, segretario scientifico SIMG e responsabile Area medicina del dolore e cure palliative -. La terapia consigliata varia in base all’intensità del disturbo. Se lieve, è utile il paracetamolo. Quando è moderato, la scelta migliore è costituita dall’associazione paracetamolo e codeina. Per controllare il dolore severo, è opportuno la somministrazione di oppiacei di terzo gradino”.
Uno dei problemi centrali nelle malattie croniche è rappresentato dall’aderenza ai farmaci. “Teseo 2 – sottolinea Lora Aprile – è il progetto di formazione sviluppato da SIMG, che ha analizzato per la prima volta il tema dell’aderenza alla terapia con oppiacei nel dolore cronico attraverso la valutazione di gruppi di medici già formati a riconoscere e tipizzare la malattia e a impostare il trattamento. Protagonisti 440 camici bianchi provenienti da 24 Aggregazioni Funzionali Territoriali (i grandi ambulatori di famiglia aperti 7 giorni su 7) presenti in 17 Regioni italiane, coordinati da 24 medici di famiglia ‘con speciale interesse per la terapia del dolore’. Questi ultimi sono veri e propri esperti del settore grazie alla formazione intensiva e all’esperienza sul campo maturate negli step precedenti del progetto”. Il nuovo modello organizzativo trae ispirazione dal mondo anglosassone, in cui il medico di medicina generale con “particolare interesse in cure palliative e terapia del dolore” (practitioner with special interest in pain) è una figura chiave nel National Health Service del Regno Unito. “L’obiettivo del progetto – continua Lora Aprile – è stato quello di far apprendere ai colleghi un metodo per formulare una diagnosi centrata sul tipo di disturbo e definire così la terapia corretta”.
“La scelta del farmaco – spiega Diego Fornasari, farmacologo dell’Università Statale di Milano – non può prescindere da una corretta individuazione del generatore del dolore (pain generator)”. “Questo metodo è una vera e propria ‘rivoluzione copernicana’ nell’approccio al dolore – continua Fornasari – perché consente di scegliere in modo razionale i farmaci per controllare il dolore agendo con essi nei punti dove si generano e/o si modificano gli impulsi dolorosi e scongiurare così la possibilità che la cronicizzazione del dolore determini modificazioni plastiche del sistema rendendone molto più difficile il trattamento”. “Il dolore è stato considerato per lungo tempo solo come un sintomo indicatore di un processo patologico – afferma Andrea Fanelli, terapista del dolore al Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna -, oggi invece si tende a consideralo come malattia a sé stante. Per questo l’aderenza e la persistenza terapeutica assumono notevole rilevanza nel controllo del dolore”. L’audit di Teseo 2 rileva una aderenza alla terapia con farmaci oppiacei che varia dal 20 al 35% a seconda del tipo di farmaco utilizzato. “Questo dato deve essere interpretato – continua il dott. Fanelli – e suggerisce che sarà necessario trovare nuovi metodi per calcolare l’aderenza nel campo della terapia del dolore, ma ciò che più conta è che il processo di cura con farmaci oppiacei è un progetto che medico e malato debbono condividere, che può avere durata variabile, ma con un obiettivo ben chiaro, che necessita di verifica periodica”.