La storia di Molvi, un esofago nuovo
grazie ai medici di Palermo
Una storia a lieto fine che intreccia medicina e immigrazione. Molvi è un giovane bengalese a cui i chirurghi del Policlinico “Paolo Giaccone” di Palermo hanno salvato la vita. Il paziente, 23 anni, nato in Bangladesh e proveniente da Licata, nell’Agrigentino, per un fortuito scambio di bottiglia, aveva ingerito una sostanza caustica che gli aveva corroso l’esofago. Ma i medici del Policlinico, con un intervento lungo e complesso durato più di 7 ore, sono riusciti a ricostruire l’esofago bruciato dall’acido utilizzando una parte dello stomaco.
La delicata operazione è stata guidata da Gaspare Gulotta (nella foto), direttore del Dipartimento di Chirurgia generale e d’urgenza del Policlicino palermitano, nonché presidente nazionale della Società italiana chirurghi universitari. “L’intervento è riuscito bene e il paziente è stato dimesso pochi giorni fa – spiega Gulotta a Oggisalute – . Non mangiava da mesi, l’abbiamo accolto che era senza forze e dopo averlo aiutato a riprendersi con le flebo, l’abbiamo operato. Adesso ha ripreso a mangiare e sta benissimo”.
Questo intervento, frutto di un lavoro d’équipe, è stato possibile grazie anche al ritorno di Calogero Porrello, chirurgo toracico rientrato al Policlinico dopo alcune esperienze in Francia e a Bologna. “Con il ritorno del dottor Porrello, – aggiunge Gulotta – e con l’arrivo da Genova di uno dei più importanti urologi italiani, Alchiede Simonato, il Dipartimento che dirigo si arricchisce di professionalità, confermando di essere all’avanguardia in Italia”.
Il fiore all’occhiello del Dipartimento di Chirurgia del Policlinico resta la laparoscopia, ossia la chirurgia minivasiva, praticata su più tipologie d’intervento. “Noi facciamo interventi in via laporoscopica, ma anche in 3D, – spiega ancora Gulotta – per patologie quali ernia iatale, acalasia esofagea, pratichiamo anche chirurgia tiroidea d’avanguardia e chirurgia della mammella, anche preventiva, con ricostruzione in un unico tempo”.
“Siamo, inoltre, tra i primi ad esserci occupati dei cosiddetti casi ‘Jolie’, – aggiunge Gulotta – ovvero di quei soggetti a rischio che hanno dei marcatori genetici chiamati Brca 1 e Brca 2. In questi casi sottoponiamo le pazienti all’asportazione laparoscopica delle ovaie e all’asportazione bilaterale sottocutanea delle mammelle con successiva ricostruzione in un unico tempo, senza cicatrici”.