Unioni civili e stepchild adoption:
si accende il dibattito
È entrato nel vivo il dibattito sulle unioni civili e la stepchild adoption. In questi giorni il ddl è in discussione al Senato e le opinioni sono sempre più spaccate. Soprattutto sull’articolo 5 del ddl Cirinnà, che prevede le adozioni del figliastro anche nelle coppie omosessuali.
Il timore, secondo alcuni, è che se il ddl diventasse legge, si aprirebbe la strada all’utero in affitto. “Il corpo della donna non è un forno, che si accende per far cuocere una torta; la torta di un altro, che quando la torta è cresciuta al punto giusto, spegne il forno, prende la torta e la porta via. In tutto il mondo c’è un’antica battaglia da proseguire contro la mercificazione del corpo delle donne e dei bambini. L’incubo peggiore per una donna è vedersi strappare il figlio appena partorito”.
Così scrive su Facebook l’assessore alla Salute, Beatrice Lorenzin, in una lettera alle parlamentari: “La donna ancora schiava, ieri come oggi, – prosegue – costretta a cedere ai padroni i propri neonati per non vederli mai più. Cambia il linguaggio, oggi lo chiamano ‘utero in affitto’, e la destinazione d’uso del nascituro, ieri forza lavoro, oggi diritto di soddisfare un bisogno individuale. È un nuovo commercio internazionale, di organizzazioni complesse e criminali capaci di produrre enormi guadagni, tutto costruito sulla pelle delle donne in condizione di povertà, sui loro corpi fertili: ovociti che si comprano e si vendono su cataloghi, donne trattate come pezzi di ricambio in un mercato planetario”.
“Non c’entrano niente scelte personali, – aggiunge il ministro – che non sono in discussione, come giustamente hanno ricordato femministe da tanti paesi diversi che si sono trovate ieri a Parigi proprio per chiedere che questa pratica diventi reato universale, che sia perseguita ovunque. Qua siamo davanti a un mercato di donne e bambini, una compravendita vera e propria, con tanto di contratti vessatori nei confronti delle madri surrogate, e con i neonati che, come ogni merce che si rispetti, vengono pure rifiutati se ‘difettosi’ da chi li ha commissionati, se non rispondono alle richieste di chi ha pagato per ottenere un bambino in cambio di denaro”.
“Faccio appello a tutte le donne in Parlamento, a prescindere dall’appartenenza partitica, ad aprire una discussione, franca e senza ipocrisie, sull’adozione da parte delle coppie dello stesso sesso del ddl Cirinnà, che si traduce automaticamente nella legittimazione dell’utero in affitto e dell’eterologa. Tutto questo non ha nulla a che fare con il riconoscimento, giusto per me, delle unioni civili e del rispetto per le coppie omosessuali. In gioco ci sono i diritti dei bambini che ancora devono nascere ad avere una madre e un padre, e i diritti delle donne che in questo nostro tempo impazzito sembrano essere regrediti perché evidentemente abbiamo dimenticato le battaglie delle nostre madri”.
Rincara la dose il presidente della Società Italiana di Pediatria, Giovanni Corsello, che ha affermato: ”Non si può escludere che convivere con due genitori dello stesso sesso non abbia ricadute negative sui processi di sviluppo psichico e relazionale nell’età evolutiva”.
A Corsello risponde Giuseppe Mele, presidente della Simpe (Società Italiana Medici Pediatri), che è intervenuto ai microfoni della trasmissione “Genetica oggi”, condotta da Andrea Lupoli su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano. “Quando si è rappresentanti di categoria – ha affermato Mele -, bisogna esprimere quello che la categoria sente di esprimere. Quando invece si tratta di posizioni personali, bisogna sempre stare molto molto attenti. La categoria dei Pediatri non si è mai interrogata su questi argomenti che devono essere trattati. Né tantomeno c’è una letteratura che possa dare ragione ad uno piuttosto che all’altro. Ad oggi gli studi a nostra disposizione sono pochi, quindi non può esprimersi una comunità scientifica. Le dichiarazioni in questo senso sono da ritenersi personali, non di categoria”.
“Noi – ha affermato Mele – siamo pediatri di famiglia, assistiamo molti bambini, tra questi molti che vengono da famiglie tradizionali ma anche alcuni da famiglie non convenzionali. Quello che noi vediamo è che il disagio psicologico sociale sta aumentando, in generale, quindi anche nei figli di famiglie tradizionale. In molte occasioni i genitori non riescono a dare l’affetto di cui avrebbero bisogno i figli, a prescindere dal fatto che sia una famiglia tradizionale oppure no. I contrasti tra i genitori si ripercuotono sulla crescita psichica e intellettuale del bimbo. È importante il clima familiare in cui il bambino vive, a prescindere dal tipo di famiglia in cui si trova”.