Mare killer: in Italia 2.500 morti
annegati fra il 2003 e il 2012
Secondo i dati Istat, agli inizi degli anni ’70 in Italia si verificavano 1.200-1.300 annegamenti l’anno, scesi a circa 400 nel 1995, con una riduzione dunque del 70%. Tuttavia, dal 1995 al 2012 (ultimo anno di cui si dispone di dati), è rimasto costante il numero di circa 400 annegamenti per anno, in media attorno ai 6-7 morti per milione di abitanti l’anno. E dal 2003 al 2012, sono morte per annegamento complessivamente 2.530 persone. E’ il bilancio dell’Istituto superiore di sanità (Iss), che pone l’obiettivo di diminuire la mortalità per annegamento in Italia del 50% e azzerare quella dei bambini nel triennio 2016-2018.
Nel triennio considerato, si sono verificati 27 casi mortali tra i bambini di età compresa tra 0 e 4 anni (in media 9 casi/anno). In particolare, per i bambini così piccoli il problema è legato alla mancata sorveglianza da parte degli adulti e di barriere fisiche, che non permettano l’ingresso non controllato in questi ambienti. Salendo con l’età, sono quasi 300 i giovani annegati (circa 100 all’anno), per lo più maschi (circa il 25% degli annegamenti totali). E sono i maschi a essere molto più a rischio di annegare.
In tutte le classi di età i tassi di mortalità per annegamento sono prevalenti rispetto a quelli delle femmine, con un rapporto che va da 3 a 1 nei bambini tra 5 e 14 anni, a 8 a 1 nei giovani (15-34 anni). In termini assoluti, negli ultimi anni in media sono deceduti 315 maschi rispetto a 70 femmine. Comportamenti più inclini al rischio, tendenza alla sopravvalutazione delle proprie capacità e maggior propensione al consumo di alcol contribuiscono almeno in parte a spiegare questo marcato dislivello.
Sulla base dei dati Istat, in linea generale il numero di stranieri deceduti in seguito ad annegamento risulta in aumento, sia in termini assoluti sia in termini relativi. Negli anni ’70 i cittadini stranieri rappresentavano meno del 5% della mortalità per annegamento, ma a partire dagli anni 2000 questa percentuale è salita fino a circa il 20%. Dalle informazioni riportate negli organi di stampa, nel 2014 su un totale di 278 episodi raccontati gli stranieri deceduti per annegamento ammontavano a 69 (su 278 complessivi), dei quali 23 turisti mentre il resto è da attribuire forse completamente agli immigrati (nel 2013 risultavano deceduti per annegamento 64 stranieri, su un totale di 211 persone).
Esaminando i dati Istat dal 2003 al 2012, risulta appunto che sono morte per annegamento complessivamente 2.530 persone, delle quali 432 in Lombardia, 344 in Veneto, 201 in Emilia Romagna, 196 in Piemonte, 189 in Sicilia, 157 nel Lazio, 145 in Puglia, 141 in Sardegna, 134 in Toscana, 109 in Campania, 94 nelle Marche, 86 in Friuli-Venezia Giulia, 70 in Trentino-Alto Adige, 64 in Calabria, 55 in Abruzzo e in Liguria, 34 in Umbria, 10 in Basilicata, 7 in Molise e in Valle d’Aosta. Nel 2014 gli organi di stampa hanno riportato complessivamente 278 casi di annegamento.
L’annegamento è l’ottava causa di morte in bambini e adolescenti sotto i 20 anni. La mancanza di barriere nelle piscine e una sorveglianza non adeguata da parte di genitori e adulti rappresentano le principali cause degli annegamenti dei bambini. Altri fattori di rischio sono dovuti a scarsa abilità al nuoto e consapevolezza dei pericoli che possono essere associati all’acqua (comportamenti spavaldi soprattutto da parte di giovani maschi). Un aggiuntivo comportamento ad alto rischio riguarda il consumo di alcol prima o durante le attività di balneazione. Gli annegamenti sono causati anche da cadute da imbarcazioni, mancato uso dei dispositivi di sicurezza, cadute per scivolamenti da riva, inondazioni.
Sono a rischio le spiagge con determinate pendenza dei fondali dove in condizioni di mare agitato si possono formare pericolose correnti di ritorno e successivamente buche. Pericolose anche le spiagge senza sorveglianza, come spesso accade per quelle ‘libere’, in genere prive anche di segnaletica circa i pericoli intrinseci.
(Fonte: Adnkronos)