Henné e tinture, alla scoperta
delle colorazioni vegetali
Il classico henné rosso, ovvero la Lawsonia Inermis. Ma non solo. Le piante tintorie sono tante: ci sono l’henné nero (Indigofera Tinctoria), la curcuma, il mallo di noce, la robbia, l’ibisco, il legno di campeggio, il melograno. Usate da sole, in mix o sequenza, offrono tinture e riflessi diversi, oltre ad apportare benessere alla cute e ai capelli. Un mondo con le sue ‘regole’, basato su sperimentazione, esperienza e sensibilità personali. Con risultati praticamente unici su ciascuno.
Chi si vuole avvicinare al mondo delle tinte vegetali dovrà necessariamente familiarizzare con nuovi nomi, quelli delle piante, con relative proprietà, modalità di preparazione e tempi di posa del tutto diversi dalle tinte classiche. Una volta scelta la polvere, di un solo tipo o un mix preconfezionato o fatto da sé, occorre preparare la pastella. Le aziende solitamente forniscono indicazioni precise sulle confezioni, ma chi vorrà sperimentare e approfondire potrà scoprire, anche semplicemente cercando online, un’infinità di dritte e soluzioni, anche contrastanti, che ‘veterane’ e non dell’henné condividono sul web.
Quando ci si é attrezzati con gli strumenti adeguati (non di metallo), il primo dilemma. Acqua bollente? Tiepida? Fredda? “Consigliamo l’uso di acqua a circa 30 gradi, tiepida – spiega all’AdnKronos Piero Manzotti di Tea Natura, azienda anconetana di prodotti ecologici e cosmetici naturali – su cui miscelare la polvere di henné fino a comporre una pastella non troppo solida. Il composto va lasciato riposare in ambiente arieggiato, eventualmente mescolando. Prima dell’utilizzo è possibile correggere la pastella con aggiunta di altra acqua nel caso si sia seccato”.
Secondo Matteo Pantani, titolare di Phitofilos, marchio italiano di cosmesi naturale specializzato nella formulazione di prodotti naturali per la colorazione e la cura dei capelli, “la temperatura dell’acqua mediamente dovrebbe essere calda, per andare a colpo sicuro. Noi sappiamo che ad esempio la Lawsonia, se preparata con acqua a 60-70 gradi, può dare il suo pieno potenziale, oppure che l’Indigofera fatta a freddo spesso porta un tono più scuro. Ma se la cliente volesse un effetto più lucente da quest’ultima, la dovrà preparare con acqua calda”.
Alla fine, in ogni caso, la pastella dovrà essere sufficientemente cremosa affinché si stenda sui capelli, puliti e umidi, senza colare. Ma prima ancora dovrà ossidarsi affinché il colore si liberi, cioè si generi il pigmento tintorio. Per quanto tempo? Quanto basta. Ovvero occorre seguire le istruzioni sulla confezione tenendo presente che, dice all’AdnKronos Pantani, “dopo un certo limite di tempo, oltre le 24-36 ore, l’ossidazione si tramuta in un processo degenerativo, che fa dissolvere pian piano il pigmento”.
Altro dilemma? I correttori di pH (aceto, yogurt, limone, sale, fondi di caffè, bicarbonato), sì o no? “Possiamo semplificare – continua il titolare di Phitofilos – dicendo che di solito tutti i toni caldi, quindi miscele a base di Lawsonia, preferiscono un’acidificazione della pastella; allora, dopo la fase di ossidazione, possiamo aggiungere aceto, yogurt o limone. In questo modo il tono ottenuto tenderà a dare maggiore spinta verso il caldo. Al contrario, quando si cercano i toni freddi, quindi miscele a base di Indigofera o katam, andrebbe preferita un’alcalinizzazione della pastella, quindi dopo breve ossidazione l’aggiunta di bicarbonato o sale da cucina, una puntina. Sono accortezze, ma su capelli molto recettivi possono fare la differenza”. Per i tempi di posa bisogna armarsi di pazienza. I tempi variano dai circa 40 minuti fino alle 3-4 ore. Molti suggeriscono di indossare cuffie e asciugamani per tenere il tutto al caldo.
Paura di seccare i capelli? Per evitarlo gli addetti ai lavori propongono diversi accorgimenti. “In caso di capello secco e dell’utilizzo di miscele di piante con medio-alta presenza di Lawsonia, si consiglia di preparare la pastella con lo yogurt come elemento acido utile alla preparazione – spiega il titolare di Phitofilos – Lo yogurt infatti aiuterà a riportare la morbidezza al capello trattato. Altro rimedio classico è l’utilizzo di un buon balsamo e shampoo nella fase del risciacquo, se possibile con presenza di oli in composizione. Infine ci sono varie erbe da poter aggiungere alla pastella, erbe ricche di mucillagini idratanti, che fanno al caso e porranno rimedio alla questione del capello secco. L’importante, in casi di hennate volte alla media-alta copertura dei bianchi, è di non superare mai il 15-20% di piante emollienti neutre sul totale della pastella che dovrà poi ‘riflessare’, altrimenti l’effetto coprente dell’henné andrà tagliandosi con queste erbe non coloranti in miscela”.
Altro rischio è quello di vedere via via il colore di partenza scurirsi. “Con l’uso prolungato nel tempo, i capelli tendono a scurirsi – conferma il responsabile di Tea Natura – Solo con la sospensione prolungata dell’uso dell’henné, con il tempo i capelli riacquisiscono il colore originale. Ma credo che i vantaggi dell’utilizzo di una pianta tintoria rispetto ad agenti coloranti sintetici siano maggiori. Con i coloranti sintetici, per riacquistare il colore originale, deve comunque essere attesa la ricrescita completa dei capelli, con lo svantaggio di un colore fortemente fissato ed una differenza molto evidente rispetto a quella che si dovrebbe sopportare con l’henné”.
Il risultato finale? “L’henné – spiega Manzotti – copre i capelli bianchi con un colore dal rame al ciliegia, sicuramente si ottiene un accostamento cromatico interessante ed armonico molto spesso piacevole. L’utilizzo di un prodotto naturale non garantisce una colorazione standard in termini di colore. Ritengo però proprio questo il bello dell’utilizzo di henné: quello di avere un colore solo nostro”.
“Due stesse castane apparentemente identiche come nuance – conferma Pantani – con la stessa miscela possono ritrovarsi con sfumature leggermente diverse dello stesso tono. La natura è antiseriale, ognuno di noi ha un capello unico e che recepisce il ‘bio’, organico, a suo modo, entro certi limiti. Ogni miscela è unica per te che la usi sul tuo capello e devi essere in grado prima di conoscerti, oltre a conoscere la materia prima con cui lavori, per ottenere quello che cerchi. Per esperienza posso dire che alla fine il 99% delle ragazze e signore che utilizzano le erbe si ritrovano ad andare ‘a senso’, fidandosi delle proprie sensazioni e valutazioni”.
“Il risultato è sempre magico: naturale, lucente, il capello è vivo e sano, corposo, l’azione seboregolatrice delle piante si fa sentire fin da subito – continua il titolare di Phitofilos – Questa è la differenza con le tinte chimiche. Tanti parrucchieri puntano sul fatto che le erbe non coprano una testa con 90% o 100% di capelli bianchi, mentre le tinte sì. E’ vero che le erbe di solito ‘al primo appuntamento’ non arrivano di solito a coperture sopra il 40-50 % di bianchi, anche con la stessa Lawsonia, erba più coprente. Ma siccome le erbe sedimentano pigmento, applicazione dopo applicazione si arriva lo stesso a risultati straordinari. Con il tempo arrivano coperture di altissime percentuali di bianchi, vicine alla copertura totale”.
La scelta ‘naturale’ richiede comunque attenzione. Con le erbe tintorie, ad esempio, c’è il rischio di acquistare polveri impure, contenenti metalli o coloranti sintetici. Per questo è opportuno rivolgersi a rivenditori di fiducia e canali ufficiali affidandosi alle certificazioni o comunque ad aziende attente, trasparenti e rispettose della normativa. Occorre anche verificare che un prodotto sia adatto alla propria cute e non dia reazioni di tipo allergico. Quindi si può procedere cercando la migliore alchimia tra le erbe e i propri capelli, accentando di arrivare per gradi a un risultato del tutto unico.
(Fonte: Adnkronos)