Libertà di ricerca, l’Italia al 30esimo posto dopo Vietnam e Singapore
Primi Belgio, Olanda e Stati Uniti. Mentre l’Italia guadagna solo il 30esimo posto nella classifica dei Paesi più virtuosi al mondo per la libertà di ricerca scientifica, preceduta da Vietnam, Singapore, Sud Africa, India e Israele. È la classifica presentata a Ginevra dall’associazione Luca Coscioni alle Nazioni Unite, nel corso del dibattito ‘Il diritto a godere del progresso scientifico e la libertà indispensabile alla ricerca scientifica’.
La graduatoria è stata costruita su scala globale, con metodo empirico, da Andrea Boggio della Bryant University, sulla base dell’indice di ‘libertà e autodeterminazione’, attraverso il monitoraggio e l’analisi di fonti pubbliche disponibili dal 2009 a oggi, relative all’avanzamento della ricerca legata ai quattro temi che qualificano l’evoluzione: tecnologie di riproduzione assistita; ricerca sulle cellule staminali embrionali umane; decisioni di fine vita; aborto e contraccezione.
“L’indice elaborato da Boggio è uno strumento necessario per valutare il grado di attuazione del diritto alla scienza nei 46 paesi (su 193) dai quali è stato possibile ottenere dati – sottolinea Marco Perduca, dell’Associazione Luca Coscioni – Per il futuro dovremo ampliare non solo le fonti di informazione, ma anche la gamma di temi monitorati a partire dall’editing del genoma e gli Ogm”.
Da quanto emerge dalla ricerca, in Paesi come l’Italia le leggi nazionali vincolano i ricercatori, gli operatori sanitari e i pazienti. “Viviamo in uno stato di permanente paralisi politica su alcune questioni di libertà di ricerca – afferma Filomena Gallo, segretario dell’Associazione – L’esempio più evidente è il fatto che importiamo embrioni per la ricerca mentre i nostri, non idonei per una gravidanza, li abbandoniamo al disuso e non ci è dato sapere quanti siano”.
“In termini di fecondazione, inoltre – aggiunge Gallo – i Lea non includono le indagini genetiche preimpianto, tecniche che devono poter applicare tutti i centri di Pma autorizzati ad eseguire tecniche in vitro. La legge 40 prevede che la coppia possa chiedere di conoscere lo stato di salute dell’embrione, ma se queste analisi non saranno a carico dello Stato i costi insostenibili per le coppie potrebbero costringere ad aborti”.
I ritardi riguardano anche la sperimentazione in campo aperto di riso modificato attraverso ‘genome editing’. Su questo è intervenuta Vittoria Brambilla, dell’Università di Milano, Dipartimento di Scienze agrarie e ambientali, che ha ricordato come nel 2016 il suo Gruppo di ricerca abbia fatto richiesta al ministero dell’Ambiente per poter procedere a tali tecniche.
“Le modifiche – evidenzia Brambilla – sono state apportate per inattivare alcuni geni al fine di alterare il periodo di fioritura della piante. Si tratta di ricerca di base, non direttamente finalizzata a modifiche con impatto commerciale, ma che potrebbe avere effetti di miglioramento sulle coltivazioni”.
“Nonostante i nostri incontri con i ministri Galletti, Martina e Fedeli, il via libera non è mai arrivato, tenendo così incomprensibilmente bloccata la sperimentazione in campo aperto. Chiediamo al Governo Gentiloni di porre fine a tale ritardo che pregiudica il lavoro dei ricercatori italiani”, interviene Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni.
“Il diritto a trarre vantaggio dal progresso della scienza e dalle sue applicazioni è già riconosciuto all’articolo 27 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e dall’articolo 15 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali che molti paesi hanno firmato e ratificato – prosegue Cappato – Non si tratta di creare un nuovo diritto ma di promuoverne la piena realizzazione in tutto il mondo. Anche in quello cosiddetto democratico, dove ancora permangono proibizioni anti-scientifiche o arbitrarie limitazioni”.
(Fonte: Adnkronos)