In Europa 500 mila medici
sono extracomunitari
Medici e operatori sanitari italiani ‘migranti’ sempre più ‘corteggiati’ . Negli ultimi 5 anni, infatti sono cresciute del 30% le richieste avanzate dai professionisti della sanità italiani (medici, farmacisti, infermieri, fisioterapisti, psicologi e odontoiatri) per lavorare all’estero. E, contemporaneamente, sono aumentate del 40% anche le chiamate che provengono dall’estero per i professionisti della sanità italiani e di origine straniera attivi in Italia. Sono i dati di un’indagine della Confederazione internazionale unione medica euro mediterranea (Umem), dell’Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi) e del Movimento internazionale uniti per unire, una ricerca sviluppata in collaborazione con la rete dei professionisti della sanità aderenti a queste realtà e operanti in tutti Paesi Euromediterranei. Una ‘fotografia’ che registra ben 500 mila medici di origine straniera attiva in Europa.
La maggior parte delle richieste di lavoro all’estero per i nostri professionisti arriva da Paesi Europei (Belgio, Francia, Germanica, Spagna Inghilterra, Svizzera); Europa dell’Est (Russia, Albania, Romania); Paesi Arabi (Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Libia) e Paesi Sudamericani (Ecuador, Brasile, Colombia). Numerose sono invece le richieste di sostegno umanitario e sanitario provenienti dai Paesi africani e i Paesi arabi in stato di conflitto come la Siria, l’Iraq, lo Yemen e la Libia.
I ‘movimenti migratori’ riguardano anche i futuri medici: per l’immatricolazione alla facoltà di Medicina, negli ultimi 5 anni, la maggior parte degli studenti di medicina di origine straniera provenienti dai Paesi arabi, africani, asiatici, dall’India e dal Sud America sceglie in prevalenza i Paesi dell’Est (Russia, Albania, Moldavia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovenia, Romania, Polonia, Slovacchia) per studiare. Questo sia per motivi di natura economica e sia per l’assenza di numero chiuso. In questi Paesi, infatti, i corsi di Laurea sono meno costosi e sempre più disponibili in lingua inglese. Un fenomeno che non risparmia i giovani italiani: un numero crescente di studenti sceglie infatti la strada della laurea o della specializzazione da conseguire all’estero, per poi fare ritorno in Italia facendosi riconoscere il titolo di studio.
“Sicuramente l’immigrazione dei professionisti della sanità nell’area Euromediterranea- chiarisce Foad Aodi, in qualità di Fondatore di Amsi, presidente di Umem, componente della Commissione salute globale della Fnnomceo – è cambiata notevolmente rispetto agli anni ’60, ’70, ’80 e ’90 a causa della situazione geo-politica e dei conflitti presenti in alcuni Paesi del Medio Oriente, dell’Africa, del Sud America e nei Paesi dell’Est. Dopo la caduta del muro di Berlino e dopo la delusione del ‘sogno’ delle Primavere arabe, tanti medici provenienti dai Paesi dell’Est e arabi, si sono recati a lavorare in Germania (il caso dei siriani), in Francia (professionisti in prevalenza nordafricani provenienti da Algeria, Marocco e Tunisia), in Belgio (professionisti duropei di diverse nazionalità), in Scozia e Inghilterra”.
“Stando alle statistiche che abbiamo riportato recentemente – prosegue Aodi – e che contano 62 mila professionisti della sanità di origine straniera esercitanti in Italia, di cui 18 mila medici, la situazione dell’integrazione in Italia è ottimale e c’è una buona collaborazione tra i professionisti di origine straniera e i colleghi italiani. In Europa, secondo le nostre statistiche, ci sono più di 500 mila medici stranieri: 400 mila sono fissi e 100 mila di loro sono in continua mobilità”.
“Proponiamo quindi alla Comunità europea di effettuare un monitoraggio continuo dell’esigenza del mercato del lavoro nell’ambito sanitario, condotto Paese per Paese, per evitare i casi di sovraffollamento o di carenza di personale medico sanitario e, al tempo stesso, per contrastare il problema della fuga dei cervelli. Chiediamo, inoltre, di incentivare corsi di lingua, di cultura e di legislazione del Paese scelto per i professionisti della sanità nella tutela del diritto alla salute universale e nell’ottica di una Sanità globale e multiculturale, contrastando la medicina difensiva che spesso lede il rapporto di fiducia tra medico e paziente”, conclude Foad Aodi.
(Fonte: Adnkronos)