Morto dopo un trapianto di cuore,
i medici: “L’organo era perfetto”
Un uomo di 60 anni è morto all’ospedale San Camillo di Roma, due giorni dopo un trapianto di cuore avvenuto all’ospedale San Raffaele di Milano. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, annuncia “immediate procedure di controllo e verifica” sulla vicenda, su cui è stata aperta un’inchiesta a Roma e passata a Milano da dove sarebbe arrivato l’organo impiantato.
“Si tratta di una notizia gravissima”, commenta Lorenzin a ‘Circo Massimo’ su Radio Capital, ma anche “singolare per un sistema come quello italiano. Noi – precisa infatti il ministro – con il Centro nazionale trapianti abbiamo procedure di massima sicurezza fra le migliori al mondo. Mi sembra uno di quegli errori tragici, ma anche inaccettabili. Vedremo se ci sono state delle falle e agiremo di conseguenza”.
“È stata eseguita una valutazione del cuore” ricevuto dal paziente “attraverso un elettrocardiogramma e una ecocardiografia, che esamina l’organo a livello strutturale e funzionale, oltre a una coronarografia. I test sono risultati negativi”, ha assicurato all’AdnKronos Salute il direttore del Centro nazionale trapianti, Alessandro Nanni Costa. “Per la nostra rete trapiantologica – ha proseguito – questo cuore rispettava i criteri di idoneità. Poi la valutazione passa al gruppo chirurgico che lo prende in carico, in questo caso il S.Camillo”.
“L’équipe chirurgica – prosegue Nanni Costa – è quella che va a prendere l’organo e ne verifica il funzionamento. Ho appena parlato con il chirurgo che ha operato, mi ha detto che era tutto a posto e la funzionalità cardiaca è stata verificata in vivo. I familiari hanno citato problemi nel trasporto dell’organo, ma noi abbiamo rilevato tempi corretti fra il prelievo del cuore e il trapianto. In ogni caso, anche il Cnt ha eseguito un audit e lo ha consegnato all’autorità giudiziaria. Qui noi ci fermiamo. Tutti i dati a nostra disposizione sono stati consegnati in totale trasparenza all’autorità giudiziaria, ma è chiaro che non possiamo vedere il referto anatomo-patologico dell’organo”.
“Su questo caso – tiene a precisare Nanni Costa – sono state dette alcune imprecisioni: il paziente che ha donato il cuore aveva 48 anni e non 70 come ho letto, si è buttato in piscina da uno stato di pieno benessere. Si è sentito male, i soccorritori hanno fatto ripartire il cuore ma il cervello risultava già compromesso. Dopo 24 ore è stata dichiarata la morte encefalica. Ma non abbiamo potuto vedere il referto anatomo-patologico del ricevente poi deceduto, e immagino che sia da lì che si potranno evincere eventuali problemi”.
“Ma bisogna pur ricordare che in un trapianto i rischi e le problematiche ci sono, anche agendo perfettamente – puntualizza l’esperto – perché fanno parte dell’attività trapiantologica. Se un chirurgo promette un successo del 100%, dice una bugia. Per il trapianto al cuore vantiamo una sopravvivenza sopra l’80% a un anno dall’intervento, ma c’è sempre quella quota di 20%” che purtroppo non ce la fa.
(Fonte: Adnkronos)