Tumore al seno, con cure nelle Unit mortalità ridotta del 18 per cento
La cura del tumore del seno nelle Breast Unit, cioè nei Centri di senologia, riduce la mortalità del 18%. Solo i centri che trattano almeno 150 nuovi casi ogni anno possono definirsi Breast Unit, come stabilito a livello europeo. Ma in Italia, fra le 449 strutture ospedaliere che eseguono più di 10 interventi chirurgici per questa neoplasia, solo 123 (appena il 27%) presentano volumi di attività superiori a questa soglia minima di 150 operazioni l’anno. Una carenza da colmare per dare sempre più chance di sopravvivere al cancro: “È urgente la piena realizzazione nel nostro Paese di queste Unità, che devono essere parte integrante delle Reti oncologiche regionali”, è l’appello lanciato dal XIX Congresso nazionale dell’Associazione italiana di oncologia medica, che si è svolto a Roma.
Nel 2017 si stimano 50.500 nuove diagnosi di tumore del seno nel nostro Paese. “È dimostrato da molti studi che, dove si concentra più esperienza, si riduce il numero degli interventi demolitivi e aumenta quello degli interventi conservativi – sottolinea Carmine Pinto, presidente nazionale Aiom – Anche le percentuali di ricostruzioni immediate sono maggiori in centri ad alto volume di attività”.
I buoni risultati ottenuti nelle Breast Unit, secondo l’oncologo, “devono essere attribuiti non soltanto a una migliore chirurgia, ma anche al giusto integrarsi delle varie discipline. Questo è particolarmente evidente nei casi più complessi e avanzati in cui si stanno affacciando armi innovative”.
“È necessario in tutte le Regioni un modello di organizzazione sanitaria che, con le Reti oncologiche e le Breast Unit, permetta di prendere in carico e indirizzare le pazienti con tumore del seno nei centri che garantiscano qualità e multidisciplinarietà nella cura – continua Pinto – Tutto questo insieme alla diffusione dell’accreditamento dei Centri di senologia al fine di certificarne l’appropriatezza, monitorarne le prestazioni e assicurare agli utenti l’effettiva erogazione di prestazioni di qualità”.
Uno studio su 25.000 donne ha dimostrato che la sopravvivenza a 5 anni, nelle pazienti con tumore della mammella, aumenta del 9% negli ospedali che trattano più di 150 casi, rispetto a quelli che ne curano meno di 50. A questo, evidenziano gli oncologi, vanno aggiunti i benefici che derivano da una migliore qualità di vita delle pazienti e da un utilizzo più razionale ed efficiente delle risorse. Nel nostro Paese vivono 766.957 donne dopo una diagnosi di tumore del seno, il 26% in più dal 2010 al 2017.
“La formazione di un team coordinato favorisce il raggiungimento di un alto livello di specializzazione delle cure, dallo screening fino alla riabilitazione psico-funzionale, ottimizzando qualità e tempistica delle prestazioni, con l’obiettivo principale di prolungare e migliorare la vita delle pazienti”, conclude Stefania Gori, presidente eletto Aiom.
(Fonte: Adnkronos)