Scompenso cardiaco, colpisce
oltre un milione di italiani
Cinque bypass, il cuore che si ferma per 58 minuti, poi riparte ma comincia un vai e vieni dall’ospedale. Giorgio, 69 anni, racconta a Milano quello che può succedere quando un cuore stanco non riesce più a pompare il sangue al resto dell’organismo o a riceverlo come dovrebbe. Si chiama scompenso cardiaco e colpisce oltre 1 milione di italiani, di cui oltre 150 mila lombardi. E proprio dalla Lombardia parte un appello, in occasione di un incontro promosso da Aisc (Associazione italiana scompensati cardiaci) in Regione con il contributo non condizionato di Novartis e Medtronic, per migliorare l’informazione su questa epidemia dell’Italia che invecchia – lo scompenso è la seconda causa di morte nella Penisola, ma resta la più sottodiagnosticata e sottostimata fra le malattie cardiovascolari – e per costruire una rete intorno ai pazienti. Perché fuori dall’ospedale non vengano lasciati soli, bensì accompagnati nel modo migliore per evitare lo spettro della riospedalizzazione.
“Attualmente lo scompenso cardiaco colpisce lo 0,4-2% della popolazione adulta europea con una mortalità a 4 anni del 50%. Rappresenta il 5% delle ospedalizzazioni totali e interessa il 2% della spesa del Sistema sanitario nazionale – elenca Salvatore Di Somma, cardiologo e internista, professore di Medicina interna nel Dipartimento di scienze medico-chirurgiche e di medicina traslazionale dell’università La Sapienza di Roma, e direttore del comitato scientifico dell’Aisc – Il suo alto costo è principalmente causato dall’elevata frequenza di re-ospedalizzazioni (40% entro 12 mesi) determinate dal peggioramento dello stato di congestione, sia a livello sistemico che polmonare. In questo preoccupante scenario diventa sempre più importante un precoce riconoscimento della patologia e una sua corretta gestione, a partire dalla situazione di emergenza fino alla dismissione a domicilio, passando per una necessaria riabilitazione cardiologica”.
Nel 2015 sono stati oltre 28 mila i pazienti che solo in Lombardia sono dovuti ricorrere a un ricovero ospedaliero a causa dello scompenso cardiaco, con una degenza media di 10,4 giorni. Nel corso della vita una persona su 5 è a rischio di sviluppare questa grave condizione ed è frequente che si presenti in età avanzata, con un’incidenza progressivamente maggiore in relazione all’invecchiamento. Da qui, spiegano oggi gli esperti, nasce la sottovalutazione dei sintomi – stanchezza, spossatezza e affaticamento – che molto spesso vengono erroneamente ricollegati all’avanzare dell’età. Questo, insieme alla difficoltà della diagnosi, “priva troppo spesso il paziente delle cure necessarie”.
La diagnosi precoce e la prevenzione, ma anche “l’avere a disposizione una rete efficace di centri distribuiti sul territorio e un conseguente accesso alle soluzioni terapeutiche più avanzate”, rappresentano “elementi cruciali” in vista dell’obiettivo che, sottolineano gli specialisti, è quello di una “significativa riduzione della mortalità” e di “un reale miglioramento della qualità di vita di tutti i pazienti”. “Bisogna cercare di fare di più – incalza Di Somma – Se la comunicazione al paziente è adeguata e continua anche dopo la dimissione dall’ospedale, questo può impattare l’outcome della patologia. L’associazione punta su questo: mette in contatto i pazienti, incontra le istituzioni. I farmaci innovativi che esistono, devono essere più conosciuti da chi ne può beneficiare. I medici e i pazienti devono dialogare. E c’è un processo formativo importante attraverso il paziente che parla al paziente che forse può essere una rivoluzione culturale di cui Aisc vuole essere promotore”.
“Lo scompenso cardiaco è una patologia cronica in grande divenire da un punto di vista epidemiologico – aggiunge Fabrizio Oliva, direttore della Struttura complessa di Cardiologia 1-Emodinamica all’ospedale Niguarda di Milano e presidente Anmco (Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri) Lombardia – Crescono i ricoveri e cresce la prevalenza per l’invecchiamento della popolazione. Oggi abbiamo a disposizione dei nuovi trattamenti, soprattutto farmacologici, che possono spostare la prognosi, migliorare la sopravvivenza, ridurre le ospedalizzazioni e anche incidere sulla qualità di vita. E’ importante riuscire a far collaborare tutti gli attori coinvolti nella cura, farli dialogare e dare al paziente le migliori terapie possibile”.
Per gli esperti “è fondamentale sensibilizzare i pazienti e i loro cari a riconoscere per tempo la patologia e soprattutto prevenirla”. Aisc, nata nell’aprile 2014 per iniziativa di un gruppo di pazienti stessi, tra cui il presidente dell’associazione Oberdan Vitali e forte oggi di oltre 3 mila iscritti, è impegnata nell’attività di informazione sui sintomi, sulla promozione di un corretto stile di vita, ma anche nella realizzazione di un “network tra tutti i pazienti, i loro familiari o chi si prende cura di loro, i medici di famiglia, i clinici specialisti, i rappresentanti infermieristici, le realtà del volontariato e le istituzioni”.
È una realtà che opera su tutto il territorio nazionale e regionale anche attraverso centri territoriali collocati principalmente negli ospedali dove sono istituiti Centri di Scompenso Cardiaco, avvalendosi di un Comitato scientifico per garantire la sicurezza di tutte le informazioni e il materiale educazionale da diffondere tra i pazienti. Tante le attività messe in campo: dall’informazione nelle piazze, attraverso un punto itinerante attrezzato per i primi test preliminari, agli incontri sulla dieta mediterranea, dalle lezioni in centri specializzati sull’attività fisica alla cura degli aspetti psicologici, passando per l’attenzione al ruolo essenziale del caregiver. L’obiettivo, spiega l’Aisc, è dare voce a chi soffre di scompenso cardiaco e capire come poter migliorare l’assistenza. La presa in carico del paziente scompensato è “il fulcro”, osserva Stefano Carugo, docente di Cardiologia all’università degli Studi di Milano e direttore dell’Uo di cardiologia dell’ospedale San Paolo, che evidenzia l’importanza di “monitorare il paziente al domicilio e seguirlo bene”.
Punta a questo obiettivo, spiega l’assessore lombardo al Welfare della Regione Lombardia Giulio Gallera, anche la ‘rivoluzione’ della presa in carico dei malati cronici varata dalla Regione. “Il nostro modello si realizza proprio sul territorio. Il gestore che è un medico si assume la responsabilità di soddisfare tutti i bisogni del paziente sia in termini di visite che di telemedicina e di contatto continuo. Siamo convinti che sia miglioramento e lo attueremo – ribadisce l’assessore intervendo all’incontro a Palazzo Lombardia – Le associazioni hanno ruolo fondamentale nell’informare. Da gennaio ai pazienti arriveranno le lettere e dovranno scegliere il gestore, un percorso in cui saranno accompagnati. Serve informazione in questa fase, ma abbiamo bisogno delle associazioni anche dopo, per definire al meglio le attività e le esigenze dei pazienti, e verificare se è corretto quanto mettiamo a disposizione o va migliorato, ampliato, focalizzato”.
“L’esperienza ci ha insegnato che creare strutture dove trovare soluzioni terapeutiche efficaci e innovative permette di riacquisire una qualità di vita soddisfacente – conclude Vitali – Il nostro appello va a alle istituzioni perché si assicuri un’offerta completa di servizi per i malati di scompenso cardiaco, e ai cittadini affinché prestino maggiore attenzione ai potenziali sintomi, per sé e per i propri cari. Saperne di più è un dovere di tutti”.
(Fonte: Adnkronos)