Violenza sulle donne, una su tre viene aggredita dal partner
Hanno tra i 15 e i 49 anni, più un terzo sono straniere e l’aggressore in un caso su tre è il compagno. Inoltre, nei casi di violenza grave, spesso i sintomi di stress post-traumatico persistono a tre mesi dall’aggressione. E’ la fotografia delle donne vittima di violenza che emerge dai dati del progetto Ccm (supportato dal ministero della Salute) ‘Revamp (Repellere vulnera ad mulierem et puerum) – Controllo e risposta alla violenza su persone vulnerabili’, coordinato dall’Istituto superiore di sanità e dall’Ospedale Galliera di Genova, che fa parte della rete ospedaliera che raccoglie i dati sulla violenza. Il rapporto viene presentato oggi al ministero della Salute.
Le conseguenze della violenza sullo stato di salute della donna assumono diversi livelli di gravità, ricordano i ricercatori, e possono avere esiti fatali (femminicidio o interruzione di gravidanza) o molto invalidanti (ustione avvelenamento o intossicazione), ma anche conseguenze psicologiche pesanti, con problemi di salute che includono disordine da stress post-traumatico, depressione, abuso di sostanze e comportamenti auto-lesivi o suicidari, disturbi alimentari, sessuali. Dai dati Siniaca-Idb del 2015-2016 emerge che per le donne vittime di violenza in età fertile (15-49 anni), oltre il 35% dei casi è dovuto ad aggressione da parte del coniuge o partner sentimentale (nei maschi è meno del 10%). Quasi l’85% dei casi di violenze su donne è compiuta da conoscenti (nei maschi tale percentuale è inferiore al 40%).
“Nei pronto soccorso partecipanti alla rilevazione Siniaca-Idb – dice Alessio Pitidis dell’Iss, coordinatore per l’Italia della sorveglianza dell’Injury Database europeo – per le donne aggredite in età fertile la seconda causa di accesso in pronto soccorso è stata la violenza sessuale: un caso ogni venti è dovuto a violenza sessuale. Alterco e acquisizione illegale di soldi rappresentano i principali contesti dell’aggressione su donne e la violenza viene più spesso (88% dei casi) compiuta a mani nude o con violenza fisica, senza uso di strumenti d’offesa”.
Nei flussi di pronto soccorso Emur (Emergenza urgenza) di Piemonte, Toscana, Abruzzo e Sardegna si è osservato una tasso medio annuo di accesso in pronto soccorso per violenza di 139 donne ogni 100.000 residenti, il 72% di 15-49 anni. Inoltre dai dati Siniaca-Idb 2015-2016 si osserva che nell’86% dei casi la violenza era stata perpetrata da uomini e l’ambiente prevalente della violenza era quello familiare (42%), in particolare da parte del partner (35%).
Dalla sorveglianza dei centri ospedalieri anti-violenza del Revamp si osserva inoltre come nelle donne in età fertile (15-49 anni) il 37% delle vittime sia straniero. Quanto alle bambine (0-14 anni) viste nei pronto soccorso generalisti della stessa rete di sorveglianza, nel 17,9% dei casi la causa di accesso per violenza è una aggressione sessuale. Nello studio di follow-up di progetto, che seguiva donne vittime di violenza grave, a 3 mesi dalla dimissione ospedaliera il 67,5% era affetto da patologia mentale di stress da disordine post-traumatico. Con una prevalenza della malattia significativamente superiore, “di oltre 5 volte”, a quella del corrispondente gruppo di controllo di donne non vittime di violenza. Un dato paragonabile, secondo gli esperti, a quello delle vittime di grandi disastri, compresi attentati terroristici.
“La presenza di una rete di servizi socio-assistenziali capillare, capace di interagire, dialogare e scambiare efficaci prassi metodologiche – dice Eloise Longo, coordinatrice del progetto Revamp – è un modo per far emergere il fenomeno della violenza e sconfiggere il senso di isolamento e solitudine che circonda le donne. La rete è un modo per garantire alla donna supporto e protezione. La presenza di procedure e protocolli condivisi a livello territoriale – conclude – serve proprio a facilitare la donna nel trovare le risposte e soluzioni più adeguate per sé e per i propri figli”.
(Fonte: Adnkronos)