Gravidanza dopo il cancro
grazie agli ovuli congelati
Per la prima volta in Italia si è registrata una gravidanza spontanea in una paziente guarita da tumore che, prima di sottoporsi alla chemio e radioterapia, aveva scelto l’espianto e la crioconservazione di parte del tessuto ovarico al Policlinico di Sant’Orsola di Bologna. Al termine delle cure, una volta ottenuta la completa guarigione, il tessuto ovarico è stato scongelato e reimpiantato nella paziente. Lo rende noto il Policlinico Sant’Orsola in un comunicato.
La paziente era affetta da linfoma non Hodgkin. Nel 2012 all’età di 29 anni, prima di sottoporsi a trattamenti chemio e radioterapici e a successivo trapianto di midollo osseo, ha scelto di crioconservare parte del proprio tessuto ovarico presso il Laboratorio di Crioconservazione di Tessuto Ovarico e Colture Cellulari dell’Unità Operativa Ginecologia e Fisiopatologia della Riproduzione Umana del Policlinico di Sant’Orsola diretta dal professor Renato Seracchioli, il principale centro italiano che esegue questa procedura.
Le cure l’hanno guarita dal tumore ma hanno provocato, come può accadere in questi casi, una menopausa anticipata (fallimento ovarico precoce). Alla completa guarigione, dopo 5 anni di follow-up post terapia, la paziente ha richiesto il reimpianto di tessuto ovarico crioconservato. Dopo alcuni mesi dal reimpianto è stata ottenuta la riattivazione della funzione ovarica con successivo instaurarsi di una gravidanza spontanea, giunta alla sesta settimana.
Il percorso di espianto e crioconservazione
Il percorso prevede che l’oncologo invii la paziente al laboratorio indicando – attraverso un’apposita modulistica predisposta dal Sant’Orsola – le caratteristiche della patologia e formulando una valutazione del rischio di menopausa anticipata in seguito a chemioterapia, radioterapia e altre terapie necessarie alla guarigione della paziente.
L’equipe del professor Renato Seracchioli, direttore dell’Unità Operativa Ginecologia e Fisiopatologia della Riproduzione Umana, esegue il prelievo di parte del tessuto di un ovaio con un intervento in laparoscopia estremamente delicato. Il tessuto non deve essere, infatti, in alcun modo traumatizzato per non danneggiare i follicoli presenti.
La parte di tessuto che interessa è quella corticale (spessore 1-2 millimetri), contenente i follicoli primordiali che sono poco suscettibili ai danni da congelamento, eliminando quella midollare contraddistinta da follicoli di maggiori dimensioni che nel processo di congelamento soffrirebbero maggiormente. La componente corticale viene tagliata in strisce di 2-3 millimetri di larghezza fino a 1-2 centrimetri di lunghezza e trasferita in provette contenenti una soluzione di congelamento studiata ad hoc per questo tipo di tessuto, arricchita di crioprotettori che proteggono il tessuto dagli insulti del congelamento. Le provette vengono poi inserite in un congelatore programmabile che riduce la temperatura di 0,3 gradi al minuto fino a raggiungere i 150 gradi sotto zero. Le provette vengono poi trasferite nella Criobanca dell’Unità Operativa Ginecologia e Fisiopatologia della Riproduzione Umana del Sant’Orsola e conservate in azoto liquido. Se la terapia ha condotto la paziente in menopausa anticipata o ad un’irregolarità del ciclo talmente pronunciata da impedire la riattivazione della funzione ovarica, può essere chiesto il reimpianto che viene eseguito sempre dall’equipe del professor Seracchioli solo a seguito di certificazione di completa guarigione da parte dell’oncologo.
Il reimpianto può avvenire perché la paziente desidera una gravidanza, ma anche soltanto per superare la menopausa anticipata e le problematiche che porta con sé, dall’osteoporosi ai problemi cardiovascolari. In quest’ultimo caso il reimpianto può essere fatto anche nel sottocute dell’addome (reimpianto eterotopico), permettendo alla paziente di avvicinarsi alla menopausa fisiologica senza terapie sostitutive.