Intervento record con chirurgia mininvasiva su tumore al polmone
È stato effettuato allo Istituto europeo di oncologia, dall’èquipe di Chirurgia Toracica guidata da Lorenzo Spaggiari, direttore del Programma Polmone, il primo intervento mai eseguito di rimozione di tumore polmonare in chirurgia mininvasiva robotica su un paziente gravemente obeso, con tumore del polmone apicale inizialmente inoperabile, esteso ai vasi sanguigni e le prime 3 coste (tumore di Pancoast Anteriore). A oltre sessanta giorni dall’operazione, eseguita il 14 novembre scorso, il paziente è in buone condizioni. Lo rendono nodo dall’Ieo.
Dopo un trattamento importante pre-operatorio con chemioterapia, il paziente è stato sottoposto ad intervento chirurgico resettivo di lobectomia e toracectomia con interessamento vascolare, eseguito con robot.
“Questo intervento non è un unicuum – commenta Spaggiari – ma è un’ anticipazione del futuro dei prossimi dieci anni della chirurgia oncologica toracica. I risultati straordinari dell’immunoterapia e delle terapie biologiche sul tumore del polmone, fa sì infatti che si presentino al chirurgo toracico sempre più casi di carcinomi localmente avanzati o oligometastatici (con una o poche metastasi), che le terapie mediche hanno tenuto sotto controllo o hanno fatto regredire fino a raggiungere una dimensione che permette l’intervento chirurgico. Il chirurgo interverrà dunque sempre più frequentemente su questi tumori, a cui applicherà il know-how di chirurgia minivasiva robotica che ha sviluppato nei tumori iniziali, aumentando in modo significativo le chances di sopravvivenza e di qualità di vita del paziente. E’ insomma come se si stesse verificando un’inversione di paradigma: non è più la terapia medica ad essere “adiuvante” (vale dire un trattamento effettuato dopo la cura principale contro gli eventuali residui di malattia) rispetto alla chirurgia, ma viceversa. Una rivoluzione senza precedenti, di cui la comunità scientifica internazionale inizia a prendere atto“.
Filippo de Marinis, che dirige l’Oncologia toracica ed è il vice direttore del Programma Polmone Ieo, conferma: “Nella malattia allo stadio terzo (tumore avanzato operabile) abbiamo studi clinici dove nuove terapie biologiche ed immunologiche, su pazienti selezionati, vengono utilizzate prima o dopo la chirurgia per aumentarne il vantaggio curativo. Nello stadio quarto (non operabile) le nuove terapie per le mutazioni dei geni EGFR ed ALK e soprattutto la immunoterapia con inibitori di PD 1/PDL1 stanno producendo risultati non immaginabili con la storica chemio. Risultati che, specie nella malattia oligometastatica di esordio, possono condurre ad una operabilità chirurgica, con un indubbio vantaggio per il paziente ai fini del controllo della sua malattia. Complessivamente Ieo ha la maggior percentuale di pazienti trattati con i nuovi farmaci in Italia”.
Il principio “meno chirurgia per i tumori iniziali (che verranno trattati con terapie innovative come i protoni o con chirurgia robotica mininvasiva, con risparmio polmonare) e più chirurgia adiuvante dopo terapia medica” non è l’idea di un gruppo ‘’visionario’, ma un atteggiamento condiviso da centri di riferimento internazionali dell’oncologia , come il Memorial Sloan Kettering di New York.
Il tumore polmonare è uno degli obiettivi principali della lotta al cancro mondiale: è la neoplasia a maggior incidenza e a maggior letalità in entrambi i sessi valutati complessivamente. Anche se è la forma di cancro più prevenibile – basterebbe dire stop al fumo – è invece in crescita costante; inoltre non decolla la diagnosi precoce, ancora oggetto di dibattito scientifico circa la modalità più sostenibile ed efficace. Da qui l’aumento di casi localmente avanzati, che fino a ieri venivano trattati solo con terapie palliative, mentre oggi vengono curati con farmaci biologici.
“Entro il 2028 – conclude Spaggiari – credo che il cambio di paradigma del trattamento del tumore del polmone diventerà standard. Ma non dovremo aspettare dieci anni per vedere una riduzione di mortalità. I primi risultati sono già sotto i nostri occhi, come testimonia il nostro primo paziente”.