La procura: “Cappato non ha
partecipato al suicidio di Dj Fabo”
“Marco Cappato non ha in alcun modo rafforzato il proposito suicidario di Fabiano (Antoniani, ndr), lo ha semplicemente rispettato”. E uno dei passaggi della requisitoria nel processo all’esponente dei Radicali, imputato a Milano per aver aiutato Dj Fabo a morire in Svizzera con il suicidio assistito.
Cappato, spiega il pm Sara Arduini, non ha influito sulla scelta del deejay, rimasto tetraplegico e cieco dopo un incidente stradale, “anzi ha tentato di rallentare” quella volontà “coinvolgendolo nella lotta politica” sul tema del suicidio assistito e “parlando della possibilità italiana” di interrompere le cure. Non solo: nelle testimonianze sentite durante il processo, emerge che l’esponente dei Radicali, che ha guidato l’auto per raggiungere la clinica Dignitas, è rimasto fuori dalla stanza quando Fabo ha ingerito il veleno. Nella “procedura esecutiva, nella prescrizione e nella preparazione del medicinale non è intervenuto. Cappato non ha avuto nessun ruolo”.
È stata Valeria, fidanzata di Dj Fabo, a prendere contatti con la clinica svizzera; è stata la madre di Fabo a pagare la quota associativa a Dignitas. In questo senso è difficile, a dire dell’accusa che ricorda che si è arrivati al processo dopo un’imputazione coatta, sostenere che Cappato abbia rafforzato la volontà suicida di Fabo, morto dopo 2 anni e 9 mesi immobilizzato a letto lo scorso 27 febbraio. La volontà del 40enne dj “era granitica”, come mostra il video in cui è lo stesso Fabo a dire “‘nessuno può farmi cambiare idea’ oppure ‘chiamerò un sicario’, il suicidio ‘è una vittoria per me'”. L’autonomia e la consapevolezza “è stata valutata dai sanitari svizzeri che lo hanno visitato per due volte, sulla volontà di intendere e volere non c’è alcun dubbio, non ha mai sofferto di depressione, la sua è stata una volontà piena”, chiosa il pm prima dell’intervento del procuratore aggiunto Tiziana Siciliano che si appresta a chiedere l’assoluzione per Cappato.
(Fonte: Adnkronos)