Il più grande albero genealogico
lega 13 milioni di vite
La vita di milioni di persone tracciata in un mega albero genealogico che racconta interi pezzi di storia dell’umanità. E’ l’impresa in cui si è cimentato un team di scienziati Usa che per ricostruire l”affollato’ albero ha fatto ricorso a un database online di dati pubblici condivisi da appassionati di genealogia. Potere del ‘crowdsourcing’. Con la loro opera – i cui dettagli sono pubblicati sulla rivista ‘Science’ – gli esperti sono riusciti a mettere in luce ulteriori impatti della cultura umana sulla diffusione delle informazioni del Dna, suggerendo ad esempio che una recente riduzione delle relazioni genetiche nelle società occidentali ha a che fare più con fattori culturali mutevoli che con l’avvento dei trasporti.
E’ emersa come una sorta di ‘soap opera’ universale che racconta di matrimoni, migrazioni, morte e longevità. La costruzione di alberi genealogici su scala demografica si era finora rivelata un processo altamente laborioso. Gli autori dello studio, la statistica Joanna Kaplanis, lo scienziato del Dna Yaniv Erlich (New York Genome Center e Columbia University di New York) e colleghi, hanno invece sfruttato i dati dei social media disponibili e sono riusciti a creare un ‘family tree’ da record, analizzando 86 milioni di profili pubblicati dal sito ‘Geni.com’. Ciò che è emerso è un singolo albero genealogico, tra altri più piccoli, di 13 milioni di persone – più grande della popolazione di Stati come Cuba o il Belgio – che occupa in media 11 generazioni.
In teoria, gli esperti avrebbero avuto bisogno di tornare indietro di altre 65 generazioni per convergere su un antenato comune e completare l’albero. Le informazioni riflettono eventi storici e tendenze, come l’elevato tasso di mortalità in epoca di guerra civile americana e delle due Guerre mondiali e una riduzione della mortalità infantile durante il 20esimo secolo. Quello creato è un albero ‘parlante’ che racconta tanto dell’uomo e in maniera anche accurata. Per esempio, confrontando i dati di Geni.com con studi genetici tradizionali, gli autori hanno rilevato una stima simile, anche se più piccola, dell’ereditabilità della longevità. Osservando i modelli migratori, hanno scoperto che in Europa e in Nord America sono le donne a essere più inclini a fare le valigie: emigrano più dei maschi nelle società occidentali, ma su distanze più brevi.
Ci sono anche note di ‘gossip’: le coppie nate tra il 1800 e il 1850 hanno sperimentato un aumento di due volte delle cosiddette distanze coniugali, da 8 chilometri nel 1800 a 19 km nel 1850 e questo fenomeno si è verificato contemporaneamente a un aumento della parentela genetica (le persone hanno continuato a sposare parenti), contrariamente alla teoria secondo cui si diventa più geneticamente diversi man mano che ci si disperde. In altre parole tra il 1800 e il 1850 la gente viaggiava più che mai per trovare un compagno, ma era più probabile che sposasse un cugino. Dunque sembrerebbe essere stato più il cambiamento delle norme sociali a portare le persone a evitare parenti stretti come partner.
“Da questi risultati – osservano Kaplanis e colleghi – ipotizziamo che i cambiamenti nei trasporti del XIX secolo non siano stati la causa principale della diminuzione della consanguineità. Piuttosto i nostri risultati suggeriscono che il mutamento di fattori culturali ha giocato un ruolo più importante nella recente riduzione della parentela genetica delle coppie nelle società occidentali”.
Prima del 1750, gran parte degli americani trovavano un coniuge entro sei miglia (10 chilometri) da dove erano nati, ma per i nati nel 1950, quella distanza si è estesa a circa 60 miglia (100 chilometri), hanno scoperto ancora i ricercatori. “In pratica è diventato più difficile trovare l’amore della propria vita”, scherza Erlich.
Altra scoperta è stata che la genetica spiegava circa il 16% della variazione di longevità osservata e che dei buoni geni possono estendere la vita in media di 5 anni, continua Erlich. “Non è molto”, aggiunge evidenziando che “alcune scelte di vita potrebbero essere molto più importanti” del Dna.
Per dissolvere i timori che gli utenti di Geni.com non riflettano alla perfezione la realtà, i ricercatori hanno ottenuto ogni certificato di morte rilasciato dal 1985 al 2000 nello stato del Vermont, che ha una politica aperta al riguardo, per un totale di quasi 80 mila. Documenti che sono stati poi utilizzati per un confronto con i dati ricavati da Geni.com relativi alle principali caratteristiche socio-economiche degli abitanti dello Stato in questione: la concordanza era quasi perfetta.
Per gli scienziati il set di dati costruito rappresenta una pietra miliare che trasporta le ricerche sulla storia familiare dai necrologi dei giornali e gli archivi delle chiese all’era digitale, rendendo possibili indagini a livello di popolazione. “E’ emozionante – commenta la demografa Melinda Mills (Oxford University), non coinvolta nello studio – Questo dimostra come milioni di persone normali e appassionate di genealogia possono fare la differenza per la scienza. E allora, ‘power to the people'”.
(Fonte: Adnkronos)