Ecco Hannes, la mano robot che
restituisce il 90% di funzionalità
Permetterà di restituire alle persone con amputazione dell’arto superiore circa il 90% della funzionalità perduta, con un maggiore durata della batteria e un costo ridotto di circa il 30% rispetto ai dispositivi oggi in commercio. Sono queste le potenzialità principali di ‘Hannes’, la nuova mano protesica di derivazione robotica sviluppata dal Rehab Technologies Lab, il laboratorio congiunto nato nel dicembre 2013 dalla collaborazione tra l’Inail e l’Istituto italiano di tecnologia (Iit) di Genova. Il dispositivo è stato presentato oggi a Roma, in una conferenza stampa a cui ha preso parte anche Marco Zambelli, il paziente del Centro protesi Inail di Vigoroso di Budrio che ha perso a 16 anni la mano destra a causa di un infortunio sul lavoro e per primo ha testato la nuova protesi.
“La mano – spiega all’AdnKronos Salute Lorenzo de Micheli, responsabilie laboratorio Rehab Technologies Itt – è attuata da un solo motore che trascina le dita in chiusura in modo molto armonioso attraverso dei cavi, un po’ mimando quelli che sono i tendini della mano umana. Questo motore viene poi comandato dalla persona attraverso la contrazione muscolare di alcuni muscoli residui che stanno all’interno dell’invaso a cui è connessa la mano. L’attività di questi muscoli residui, la contrazione, viene raccolta da dei sensori i quali poi comandano in apertura e chiusura la mano attraverso il singolo motore”.
Questa tecnologia fa sì che i pazienti possano comandare la mano semplicemente pensando ai movimenti naturali e senza la necessità di alcun trattamento chirurgico invasivo. Il pollice è orientabile in 3 diverse posizioni e rende possibili i tipi di orse necessarie bella vita di tutti i giorni. La mano può inoltre spostare oggetti fino a un peso di 15 kg. Disponibile a partire dal 2019, è stata realizzata in 2 taglie e in versione destra e sinistra.
La mano – che prende il nome dal professor Hannes Schmidl, già direttore tecnico del Centro protesi Inail di Budrio, a cui si deve l’avvio dell’attività di ricerca protesica e la prima protesi mioelettrica Inail-Ceca del 1965 – è stata progettata affinché conformazione, peso e qualità dei movimenti siano quanto più possibile equiparabili a quelli di un arto reale. Il meccanismo alla base del movimento delle dita, della forza e del tipo di presa dipende dal sistema Dag (Dynamic Adaptive Grasp) che conferisce alla mano la capacità di afferrare gli oggetti adattandosi alla loro forma e di resistere alle eventuali sollecitazioni esterne. Le caratteristiche di costruzione del dispositivo consentono alla batteria di coprire fino a una giornata intera di utilizzo.
Il progetto è stato avviato tre anni ed “è nato dallo sviluppo di una mano per robotica umanoide che è stata poi utilizzata per sviluppare una protesi”, aggiunge Matteo Laffranchi, responsabile tecnico Laboratorio Rehab Technologies. “Sostanzialmente – precisa – da un prototipo che veniva utilizzato per scopi più di ricerca abbiamo realizzato questa tecnologia che utilizza un solo motore elettrico per chiudere tutte le dita della mano. Questo rende la protesi più leggera, meno costosa è molto più versatile”, conclude.
(Fonte: Adnkronos)