Pediatria

“Sindrome del bambino scosso”,
cos’è e quali sono i rischi

di oggisalute | 24 maggio 2018 | pubblicato in Attualità
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Un fenomeno poco noto ai genitori e spesso sottovalutato anche dai pediatri, sul quale non esistono dati epidemiologici certi ma che in Italia potrebbe riguardare 3 casi ogni 10.000 bambini di età inferiore a 1 anno. E’ la “Shaken Baby Syndrome” (Sbs), ovvero “Sindrome del bambino scosso”, anche conosciuta come “Trauma cranico abusivo” (Aht). Si tratta delle conseguenze di una forma di maltrattamento che può avere esiti drammatici e la cui reale incidenza è difficile da quantificare sia per la complessità della diagnosi ma anche perché molte vittime non giungono all’attenzione dei medici. Ma anche le stime potrebbero essere solo la punta di un grande iceberg sommerso: basti pensare che nel solo ospedale Regina Margherita di Torino, lo scorso anno, sono stati registrati ben 6 casi.

Per questo motivo, Terre des Hommes ha lanciato, nei mesi scorsi, in collaborazione con 6 eccellenze ospedaliere pediatriche italiane la prima campagna nazionale di prevenzione e sensibilizzazione contro la Sbs “Non scuoterlo!”. E proseguendo in questo percorso di sensibilizzazione, oggi l’Ong, insieme ai suoi partner, lancia un decalogo di informazioni e consigli utili, redatto con il supporto di esperti dei diversi ospedali membri della rete, per far conoscere i rischi e le conseguenze di una delle ‘manovre consolatorie’ più frequenti del pianto dei bambini.

Ecco le 10 cose da sapere: 1) La shaken baby syndrome è la conseguenza di una grave forma di maltrattamento fisico prevalentemente intra-familiare ai danni di bambini generalmente al di sotto dei 2 anni di vita: il bambino viene scosso violentemente per reazione al suo pianto inconsolabile, con conseguente trauma sull’encefalo e successive sequele neurologiche. Nei primi mesi di vita, infatti, i muscoli cervicali del collo dei neonati sono ancora deboli e non riescono a sostenere la testa; se un bambino viene scosso con forza, dunque, il cervello si muove liberamente all’interno del cranio, provocando ecchimosi, gonfiore e sanguinamento dei tessuti; in una parola, lesioni gravissime.

2) Il picco di incidenza della Sbs si ha tra le 2 settimane e i 6 mesi di vita, periodo di massima intensità del pianto del neonato ed età in cui il bambino non ha ancora il controllo del capo e la struttura ossea è purtroppo molto fragile. 3) Scuotere il bambino, in genere, è la risposta a un pianto “inconsolabile”, di cui gli adulti spesso non riescono a cogliere il significato. Sentendosi quindi impotenti, possono attivare – anche inconsapevolmente – dei comportamenti inappropriati (come lo scuotimento) nel tentativo di calmare il neonato. Spesso, lo scuotimento avviene proprio per mano degli stessi genitori, o delle figure educative con cui si condivide l’accudimento dei bambini: nonni, babysitter, educatrici del nido, ecc.

Secondo i dati resi noti dalla Società italiana di neonatologia (Sin), i principali fattori “di rischio” che potrebbero aumentare la probabilità di Sbs sono: famiglia mono-genitoriale, età materna inferiore ai 18 anni, basso livello di istruzione, uso di alcol o sostanze stupefacenti, disoccupazione, episodi di violenza in ambito familiare e disagio sociale. Tuttavia, nei casi più frequenti, è solo l’esasperazione di genitori inconsapevoli e poco informati a spingere nella direzione di una ‘manovra consolatoria’ errata, qual è appunto lo scuotimento violento.

4) Lo scuotimento violento, anche se solo per pochi secondi, è potenzialmente causa di lesioni molto gravi, soprattutto per i bambini al di sotto dell’anno di età. È difficile stabilire con esattezza quanto violento o protratto dovrebbe essere lo scuotimento per causare un danno; tuttavia dalle “confessioni” dei responsabili si evince che in genere il bambino vittima di SBS viene scosso energicamente circa 3-4 volte al secondo per 4-20 secondi. Giochi abituali o comportanti maldestri dei genitori non provocano invece lesioni da scuotimento, così come non le generano il far saltellare il bambino sulle ginocchia (gioco del cavalluccio); fare jogging o andare in bici con il bambino; fare frenate brusche in auto; o cadute dal divano o da un altro mobile.

5) Vomito, inappetenza, difficoltà di suzione o deglutizione, estrema irritabilità, letargia, assenza di sorrisi o di vocalizzi, rigidità o cattiva postura, difficoltà respiratorie, aumento della circonferenza cranica disarmonico rispetto a peso e altezza, difficile controllo del capo, frequenti e lamentosi pianti inconsolabili e, nei casi più gravi, convulsioni e alterazioni della coscienza, fino all’arresto cardiorespiratorio. È importante non sottovalutare nessuno di questi segnali da parte del bambino, che rappresentano un campanello d’allarme importante per una corretta diagnosi, che rimane comunque molto complessa da effettuare.

6) Le conseguenze della Sbs possono essere di diversa intensità e gravità. I danni di tipo neuropsicologico provocati dallo scuotimento possono manifestarsi, nei primi mesi di vita del bambino, sia da un punto vista motorio che del linguaggio. Le conseguenze più gravi riguardano: disturbi dell’apprendimento, dell’attenzione, della memoria e del linguaggio, disabilità fisiche, danni alla vista o cecità, disabilità uditive, paralisi cerebrale, epilessia, ritardo psicomotorio e ritardo mentale. In genere, le conseguenze dipendono molto dalla gravità dell’abuso. Si stima che solo nel 15% dei casi non ci sono ripercussioni sulla salute del bimbo.

7) Scuotere un bambino può provocare gravi ed importanti esiti anche a livello psicologico, dando vita a problematiche relative allo sviluppo psico-motorio, come ad esempio i già citati disturbi del linguaggio, dell’apprendimento e della memoria, ma anche disturbi comportamentali. 8) La Sbs può portare anche al coma o alla morte del bambino fino in 1/4 dei casi diagnosticati.

9) Il pianto del bambino, nei primi mesi di vita, sembra davvero inconsolabile. Di fatto, piangere, è l’unico strumento che il neonato ha per comunicare: può avere fame, sonno, caldo, freddo, il bisogno di essere cambiato o semplicemente di coccole o del contatto fisico per essere rassicurato. Qualunque sia il motivo, non bisogna mai scuoterlo per calmarlo. Perché anche se può sembrare un gesto banale, i danni sul bambino, potrebbero essere gravissimi.

Sono, invece, tante altre le soluzioni che si possono mettere in atto per cercare di calmare il pianto di un neonato: cullarlo nella carrozzina, fargli fare un giro in macchina, un bagnetto rilassante, oppure fasciarlo con un lenzuolo piegandogli gli arti in modo che ritorni nella posizione fetale, o ancora fargli sentire un fruscio o un rumore continuo (come un phon o una lavatrice o un aspirapolvere). Ma se il pianto non si ferma e diventa davvero esasperante, la cosa migliore da fare, se non lo si riesce più a gestire e a sopportare, è lasciare il bambino in un posto sicuro e allontanarsi fino a quando non si è riacquistato un certo equilibrio. O in alternativa, chiedere aiuto ad altri membri della famiglia /amici e, nei casi più importanti, lasciare che un medico visiti il bambino, se ci sono dei dubbi sul suo stato di salute.

10) La prevenzione di ogni forma di abuso o maltrattamento minorile in generale e della Sbs in particolare può essere effettuata attraverso il ricorso a diversi strumenti, tra cui: corsi di formazione per i genitori sul pianto dei neonati, per imparare a riconoscerlo e a gestirlo; una maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica su questi argomenti; un piano di sostegno/intervento di sollievo per le famiglie sopraffatte e per i genitori che si sentono in difficoltà nel prendersi cura del loro neonato.

(Fonte: Adnkronos)

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