Melanoma, casi in aumento:
speranze da nuove terapie
Nel nostro Paese in 5 anni i casi di melanoma sono aumentati del 34 per cento: nel 2017 ne sono stati stimati 14mila, erano 10.400 nel 2013. Nel trattamento di questo tumore della pelle l’arrivo dell’immunoterapia e della target therapy ha rappresentato una vera e propria rivoluzione, passando dal 25% dei pazienti vivi a un anno dalla diagnosi (con una sopravvivenza media per la malattia avanzata di 6-9 mesi) all’attuale 70%. Con chiari vantaggi a lungo termine, visto che oggi circa il 50% dei pazienti è vivo dopo un decennio.
La ricerca si concentra sulle prospettive importanti offerte dalle combinazioni delle nuove terapie e proprio un italiano, il professor Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Nazionale Tumori Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli, è chair della sessione educazionale dedicata a queste strategie di trattamento al 54esimo Congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) in corso a Chicago.
“Il melanoma registra un aumento superiore negli uomini rispetto alle donne – spiega Ascierto -. L’Italia ha guidato le sperimentazioni in questo campo che hanno portato all’approvazione nel 2011 del primo farmaco immuno-oncologico, ipilimumab, che ha dimostrato di migliorare la sopravvivenza a lungo termine nel melanoma in fase avanzata. Oggi i nostri sforzi mirano a consentire anche al restante 50% dei pazienti con malattia metastatica, che non rispondono alle nuove terapie, di vivere più a lungo”.
In questa direzione va uno studio di fase II che ha coinvolto pazienti che non rispondono all’immunoterapia (in particolare agli anticorpi anti PD-1). “In questo lavoro – spiega Ascierto – la combinazione di una molecola in grado di attivare la risposta immunitaria (IMO-2125, un agonista del recettore Toll like) con ipilimumab ha evidenziato un tasso di risposta obiettiva nel 47% dei pazienti, con un controllo della malattia nel 67% dei casi. Risultati che ci inducono a proseguire in questa direzione”.
Altra opzione è la combinazione di nivolumab, immunoterapia anti PD-1, con relatlimab, molecola immuno-oncologica inibitore del checkpoint immunitario LAG-3 che ha permesso di ottenere una tasso di risposte complete pari all’11,5%. All’Asco sono presentati anche i dati sulla combinazione di entinostat, inibitore di un enzima (HDAC), con un farmaco immunoterapico anti-PD1 (pembrolizumab): il 18% dei pazienti trattati con questa strategia ha mostrato un tasso di risposta oggettiva. È confermata in questo modo l’ipotesi iniziale per cui l’aggiunta di entinostat possa modulare il microambiente tumorale, fondamentale per rendere efficace il secondo trattamento con una molecola anti-PD1.