Esperti a confronto

L’allarme dell’Oms: in Italia
4000 suicidi all’anno

di oggisalute | 10 settembre 2018 | pubblicato in Attualità
depressione

È come se ogni 12 mesi un piccolo paese svanisse nel nulla: in Italia ogni anno 4.000 persone decidono di togliersi la vita, ma la metà poteva essere aiutata a cambiare idea. Una tragedia evitabile informando l’opinione pubblica, aiutando familiari e amici a riconoscere i segnali di allarme, sfatando i falsi miti e affidandosi a persone competenti. Questi alcuni dei temi che saranno affrontati in occasione della Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio che si celebra oggi con lo slogan ‘Lavoriamo insieme per prevenire il suicidio’.

All’iniziativa, sostenuta dall’International Association for Suicide Prevention (Iasp), si potrà partecipare secondo quanto indicato sul sito www.iasp.info, pedalando per l’annuale Ciclo del giro del mondo della Iasp o anche accendendo una candela sul davanzale della propria finestra alle 20 del 10 settembre. La Giornata sarà seguita dal Convegno Internazionale di Suicidologia e Salute Pubblica, durante il quale i massimi esperti nel panorama nazionale e internazionale si confronteranno e discuteranno le modalità più efficaci per riconoscere i soggetti a rischio, intervenire in modo corretto e salvare loro la vita. Il convegno, organizzato dal Servizio per la Prevenzione del Suicidio, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, Sapienza Università di Roma e promosso dalla Fondazione Internazionale Menarini, si svolgerà giovedì 13 e venerdì 14 settembre nell’Aula Magna del Rettorato.

“I dati sono allarmanti: secondo l’Organizzazione mondiale della sanità ogni anno nel mondo si tolgono la vita 880.000 persone, vale a dire un suicidio circa ogni 40 secondi e un tentativo di suicidio ogni 3. In Europa sono 56.200 e l’Italia, con circa 4000 morti l’anno, registra 7,3 casi ogni 100.000 abitanti. Nel Lazio sono circa 700 i suicidi ogni anno e solo a Roma se ne contano 200/250″, afferma il presidente scientifico del Convegno, Maurizio Pompili, direttore del Servizio per la Prevenzione del Suicidio dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria S. Andrea di Roma e docente di Psichiatria all’Università Sapienza di Roma.

“Si tratta in maggioranza di uomini (il rapporto è di 1 a 3 rispetto alle donne), fra i 45 e i 50 anni – aggiunge – ma, in molti casi, si verificano anche tra gli adolescenti e gli anziani. Il fenomeno è in aumento negli ultimi anni soprattutto nella fascia tra i 24 e i 65 anni per problemi legati alla crisi economica ed è la seconda causa di morte tra i giovani. Ma la prevenzione è possibile e riguarda tutti: informare l’opinione pubblica, aiutare familiari e amici a riconoscere i segnali di allarme, sfatare i falsi miti su chi tenta di compiere un gesto estremo e contrastare lo stigma, consentirebbero di dimezzare il fenomeno. Anche perché la maggioranza di chi ha pensieri suicidi vuole assolutamente vivere: tutti possiamo fare qualcosa per accorgerci dei segnali che arrivano da chi è in difficoltà, per incoraggiarli a raccontare la loro storia, per offrire una parola di supporto e di ascolto e fare così la differenza”.

Ma ecco alcuni miti da sfatare sul suicidio:

1) Le persone che parlano del suicidio non lo commetteranno. Molti studi condotti su persone sopravvissute e su parenti e amici di morti suicidi dimostrano invece che almeno il 70% degli individui aveva espresso verbalmente l’intenzione di mettere in atto il suicidio.

2) Parlare di suicidio può spingere a farlo. E’ vero il contrario: parlarne apertamente può aiutare a ripensare a questa decisione.

3) Solo le persone con problemi psichici pensano al suicidio. Gli studi indicano invece che non tutte le persona che si suicidano hanno disturbi psichici.

4) Chi si vuole suicidare è convinto di morire. Al contrario, molte persone hanno pensieri ambivalenti sul vivere o morire e ‘scommettono’ con la morte, lasciando agli altri il compito di salvarli.

5) Il suicidio colpisce molto più i ricchi o all’opposto si verifica quasi esclusivamente tra i poveri. Il suicidio è molto ‘democratico’ ed è rappresentato proporzionalmente in tutti i livelli della società.

Infine, i segnali di allarme: parlare del suicidio o della morte; dare segnali verbali come ‘Magari fossi morto’, oppure ‘A che serve vivere’; disfarsi di cose care; mostrare un miglioramento improvviso e inspiegabile dell’umore; trascurare l’aspetto fisico e l’igiene; con riferimento agli anziani, ma non esclusivamente, mettere da parte farmaci; comprare armi; esprimere un interesse improvviso oppure perdere un interesse per la religione. Con riferimento ai giovani, ma non esclusivamente: autolesionismo; indicazione di problemi di salute; problemi alimentari; improvviso deterioramento dell’aspetto fisico; problematiche dell’identità di genere; depressione.

(Fonte: Adnkronos)

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