Scoperto meccanismo chiave
per lo sviluppo del cervelletto
Dalla ricerca Neuromed si aprono nuove prospettive di studio nel campo delle patologie che interessano i movimenti. Uno studio del Laboratorio di neurofarmacologia dell’Irccs di Pozzilli (Isernia), condotto in collaborazione con il Cnr e le università di Tokyo e Sapienza di Roma, ha mostrato come nelle cellule di Purkinje, un tipo di neuroni presenti nel cervelletto, si verifichi un ‘avvicendamento’ tra due tipi di recettori entrambi appartenenti alla categoria dei recettori metabotropici per il glutammato (mGlu).
I recettori – ricordano i ricercatori – sono molecole presenti sulla superficie delle cellule nervose, capaci di ricevere segnali chimici trasmessi dagli altri neuroni. Attraverso esperimenti su modelli animali, si è visto che nelle primissime fasi dopo la nascita le cellule del Purkinje presentano sulla loro membrana una predominanza del recettore di tipo 5 (mGlu5). Successivamente il 5 declina, mentre viene espresso in modo massiccio il tipo 1 (mGlu1).
Proprio su questo ‘cambio della guardia’ tra i due recettori lo studio ha dimostrato che, durante le prime fasi di sviluppo, il recettore tipo 1 invia un messaggio alla cellula, provocando la soppressione del 5. Quindi le due molecole sono interdipendenti. Tanto è vero che, bloccando l’espressione del mGlu1, il tipo 5 può riapparire.
“Il recettore mGlu1 – spiega Serena Notartomaso, primo autore dell’articolo scientifico – è fondamentale nei meccanismi di base della programmazione dei movimenti, ed è coinvolto in diverse patologie. Una sua diminuzione nelle cellule del Purkinje viene ad esempio osservata nelle patologie genetiche del cervelletto, come le atassie spinocerebellari, ma anche nella sclerosi multipla”.
“Naturalmente questa è una ricerca di base – precisa Ferdinando Nicoletti, responsabile del Laboratorio di neurofarmacologia del Neuromed e ordinario di farmacologia della Sapienza – ma apre le porte a tutta una serie di interrogativi che possono essere di interesse medico. Ricordiamoci che nelle patologie genetiche del cervelletto non esistono terapie. Chiarire gli aspetti dello sviluppo di questo organo potrebbe quindi essere un passo molto importante”.
(Fonte: Adnkronos)