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Su una donna la prima mano robotica permanente al mondo

di oggisalute | 7 febbraio 2019 | pubblicato in Attualità
Credits - DeTOP project - Integrum - Chalmers University of technology

Dai test di laboratorio alla vita di tutti i giorni. È una donna svedese “la prima beneficiaria al mondo” di un impianto transradiale (sotto il gomito) stabile e permanente per il controllo di una mano robotica. In un intervento chirurgico pioneristico, sono stati innestati impianti in titanio nelle due ossa dell’avambraccio della donna (radio e ulna), sfruttando la tecnica dell’osteointegrazione combinata alle interfacce muscolari. L’impianto potrà essere utilizzato quotidianamente e consentirà di controllare in modo naturale la mano robotica e di restituirne le percezioni sensoriali.

La svolta è arrivata all’interno del progetto di ricerca europeo Detop (Dexterous Transradial Osseointegrated Prosthesis with neural control and sensory feedback), coordinato dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e finanziato dalla Commissione Europea all’interno del programma Horizon 2020. Il nuovo impianto è stato sviluppato in Svezia dal team guidato da Max Ortiz Catalan presso Integrum, l’azienda che per prima ha realizzato una protesi artificiale usando la tecnica dell’osteointegrazione, in collaborazione con la Chalmers University of Technology.

L’intervento chirurgico, il primo nel suo genere, si è svolto presso lo Sahlgrenska University Hospital in Svezia sotto la guida di Richard Brånemark e di Paolo Sassu. Il progetto Detop è coordinato da Christian Cipriani, direttore dell’Istituto di BioRobotica, e include anche Prensilia srl, azienda spin-off dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Sant’Anna, Lund University, Gothenburg University, University of Essex, Swiss Center for Electronics and Microtechnology, l’università Campus Bio-Medico di Roma, il Centro Protesi Inail e l’Istituto Ortopedico Rizzoli. L’impianto funge da tramite tra lo scheletro e la mano robotica sviluppata dalla Scuola Superiore Sant’Anna e da Prensilia.

I benefici sulla vita quotidiana, sia da un punto di vista pratico che all’interno della dimensione sociale, sono molteplici, spiegano gli esperti: la tecnica osteointegrata permette di superare i limiti delle protesi convenzionali le quali possono riprodurre solo un paio di movimenti grossolani, come aprire e chiudere la mano. Con il nuovo impianto invece, attraverso 16 elettrodi inseriti nei muscoli residui, sarà possibile estrapolare una quantità maggiore di informazioni al fine di consentire un controllo più efficace della mano robotica.

Le attuali protesi di mano hanno anche un feedback sensoriale limitato. Non forniscono percezioni tattili quando si afferra un oggetto o si interagisce con un’altra persona e l’ambiente circostante, costringendo la persona a fare affidamento solo sulla vista mentre usa la protesi. Grazie agli elettrodi impiantati nei nervi, che servono a creare un collegamento diretto tra la protesi e il sistema nervoso, la donna potrà invece recuperare le sensazioni tattili perdute dopo l’amputazione attraverso dei sensori che guidano la stimolazione del nervo. Uno degli elementi centrali di questo lavoro, proseguono gli esperti, è che si tratta della prima tecnologia utilizzabile nella vita di tutti i giorni, non solo all’interno di un laboratorio di ricerca.

La tecnica dell’osteointegrazione era già stata sperimentata con successo da Integrum e Chalmers University of Technology su un paziente con amputazione transomerale (sopra il gomito), ma non era ancora possibile nelle amputazioni transradiali, dove il fissaggio deve essere effettuato su due piccole ossa invece che su un unico osso di dimensioni più grandi, come nella parte superiore del braccio.

La protesi transradiale sviluppata all’interno del progetto Detop apre nuovi scenari nello sviluppo di un impianto di fissaggio scheletrico perché prevede non solo una maggiore stabilità a lungo termine, ma anche un sensibile miglioramento delle funzionalità motorie e percettive dell’amputato grazie alla presenza di molti più muscoli da cui estrarre i comandi neurali.

In questa fase la donna su cui è stato eseguito l’intervento sta seguendo un programma di riabilitazione per riacquistare forza nei muscoli dell’avambraccio, indeboliti dopo l’amputazione. Parallelamente, in un ambiente di realtà virtuale, sta tornando ad imparare a controllare la mano robotica che, nelle prossime settimane, potrà portare a casa e usare quotidianamente. Il prossimo obiettivo è impiantare il sistema protesico su altri due pazienti, uno in Italia e uno in Svezia.

“Grazie a questa interfaccia uomo-macchina così accurata – commenta Christian Cipriani, responsabile scientifico del progetto Detop – e grazie alla destrezza e al grado di sensibilità della mano artificiale, ci aspettiamo che nel giro dei prossimi mesi la donna riacquisisca funzionalità motorie e percettive molto simili a quelle di una mano naturale. Questo non sarà comunque l’unico impianto previsto: sono infatti partite in Italia le attività di ricerca per il reclutamento di un secondo paziente per un nuovo intervento chirurgico in programma all’Università Campus Bio-Medico di Roma che verrà effettuato da team clinici del Campus Bio-Medico e dell’Istituto ortopedico Rizzoli”.

(Fonte: Andkronos)

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