Disorientamento “spia”
dell’invecchiamento cognitivo
Perdersi sulla strada di casa, o lungo un percorso memorizzato da poco. La difficoltà di orientarsi nell’ambiente rappresenta spesso il primo sintomo dell’invecchiamento patologico e di alcune malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. Ora il team di ricerca coordinato da Cecilia Guariglia del dipartimento di Psicologia e Carlo de Lena del Dipartimento di Neuroscienze umane della Sapienza ha condotto uno studio trasversale, confrontando l’invecchiamento normale e patologico, con l’intento di indagare i processi neuropsicologici coinvolti nel decadimento cognitivo. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sul ‘Journal of Alzheimer’s Disease’.
Lo studio, realizzato in collaborazione con il Laboratorio di Neuropsicologia dei disturbi visuo-spaziali e della navigazione dell’Irccs Fondazione Santa Lucia di Roma, ha coinvolto 19 individui sani e 19 pazienti con diagnosi di decadimento cognitivo lieve, ovvero una condizione clinica caratterizzata da una difficoltà in uno o più domini cognitivi (quali ad esempio memoria, attenzione o linguaggio) in individui con conservata autonomia funzionale. Nello specifico caso, 3 dei pazienti mostravano solamente un deficit di memoria e 16 un deficit di memoria associato a deficit in altri domini cognitivi.
Tutti i partecipanti, raccontano i ricercatori, hanno completato test di memoria di posizioni all’interno dello spazio peripersonale e navigazionale, rispettivamente lo spazio attorno al corpo raggiungibile con le mani e quello che a cui si arriva con il movimento, e test di navigazione nell’ambiente reale, in cui è stato chiesto loro di apprendere e rievocare un percorso e di riconoscere i punti di riferimento incontrati lungo il percorso tra distrattori.
“I risultati – sostiene Guariglia – mostrano che” i pazienti con decadimento cognitivo lieve “hanno prestazioni inferiori nell’apprendimento di posizioni nello spazio navigazionale; inoltre questi pazienti mostrano prestazioni deficitarie nell’apprendimento di percorsi nell’ambiente reale, sebbene il riconoscimento dei punti di riferimento sia ancora intatto”.
I ricercatori hanno poi analizzato il caso singolo dei pazienti che mostravano solamente un deficit di memoria e hanno individuato, in 2 casi su 3, una dissociazione tra l’apprendimento di posizioni nello spazio peripersonale e in quello navigazionale: i pazienti mostrano difficoltà nell’apprendimento di posizioni nello spazio navigazionale, mentre si comportano in modo simile agli individui sani nello spazio peripersonale. Questa dissociazione tra le due categorie di apprendimento spaziale non era mai stata dimostrata nel caso dell’invecchiamento patologico.
“Lo studio – conclude de Lena – suggerisce quindi che la memoria di posizioni all’interno dello spazio navigazionale possa essere un marker neuropsicologico utile per la diagnosi precoce dell’invecchiamento patologico e per la pronta attivazione di trattamenti farmacologici”.
(Fonte: Adnkronos)