“Mini-scosse” al cervello
per curare l’obesità
Non solo diete, farmaci e bisturi: l’obesità si cura a partire dal cervello. Un nuovo studio su circa 50 pazienti, condotto a Milano, dimostra l’efficacia e la sicurezza della stimolazione magnetica transcranica profonda per il trattamento dei pazienti obesi. Dal lavoro dei ricercatori dell’Irccs Policlinico San Donato guidati da Livio Luzi, responsabile dell’area di Endocrinologia e Malattie metaboliche dell’ospedale e ordinario di Endocrinologia presso l’università degli Studi di Milano, arriva “la conferma definitiva dell’efficacia e della sicurezza” della “tecnica non invasiva e non dolorosa in cui il paziente – ricordano gli esperti – indossa una sorta di casco leggero che applica dall’esterno una sollecitazione elettromagnetica a differenti regioni del cervello, corticali e subcorticali”.
Lo stesso gruppo di ricerca aveva già descritto in diversi congressi internazionali sia l’efficacia della stimolazione magnetica transcranica profonda nel modificare i batteri intestinali, il cosiddetto microbiota, favorendo il calo ponderale nei soggetti obesi, sia la validità della stessa tecnica nel ridurre il desiderio impellente di mangiare – il cosiddetto ‘food craving’ – grazie alla sua azione regolatoria sui meccanismi cerebrali coinvolti nella gratificazione associata all’assunzione di cibo. Il nuovo studio, randomizzato, in doppio cieco e controllato con trattamento sham (finto), che è stato interamente effettuato presso il Policlinico San Donato e recentemente pubblicato dsu ‘Diabetes, Obesity and Metabolism’, costituisce la dimostrazione decisiva sull’efficacia e la sicurezza della tecnica nel trattamento dell’obesità.
“L’obesità è un’emergenza globale e fornire una terapia non invasiva ai soggetti obesi è una sfida cruciale, anche dal punto di vista sociale, sia per il numero di vittime dell’obesità, in crescita costante, sia per i significativi costi che la complessità di questa patologia e delle patologie correlate rappresentano per la comunità. La continuità del nostro gruppo di ricerca su questo tema e i risultati stabiliti in quest’ultima pubblicazione ci rendono fiduciosi nell’auspicare che questa terapia, facilmente somministrabile e sicura per i pazienti, diventi in un prossimo futuro una terapia d’elezione per l’obesità”, spiega Luzi.
“Sappiamo che la fame è regolata da fattori legati alle nostre scelte e al nostro metabolismo – continua Luzi – ma sappiamo anche che nei comportamenti alimentari anomali sono implicate alcune disfunzioni nei circuiti cerebrali della ricompensa, modulati dalla dopamina. La stimolazione magnetica transcranica è già usata con buoni risultati in ambito neurologico per modulare il sistema dopaminergico in malattie neuropsichiatriche come la depressione maggiore e le dipendenze (da nicotina, alcool e cocaina). La nostra ipotesi era che si potesse usare anche per ridurre il desiderio di cibo, supportando così le terapie comportamentali classiche per la perdita di peso, incentrate sull’attività fisica e la dieta”.
Lo studio ha coinvolto circa 50 pazienti, di cui 33 sono seguiti per oltre un anno, e ha somministrato 15 sedute di stimolazione 3 volte alla settimana per 5 settimane, riscontrando “una perdita di peso e una riduzione dell’indice di massa corporea molto significative, in media dell’8,4% del peso corporeo iniziale”, spiegano gli studiosi. Quasi 9 chili separano i pazienti che si sono sottoposti a stimolazione magnetica transcranica dal gruppo di controllo, con effetti stabili nel corso dell’intero anno di follow-up.
Il lavoro “costituisce il punto di partenza di un approccio altamente innovativo, non farmacologico, non invasivo, a basso costo e ripetibile nel tempo per trattare le persone obese e, idealmente, in un futuro non lontano, anche per prevenire lo sviluppo dell’obesità nella fascia di età più a rischio, cioè gli adolescenti. Il nostro gruppo di ricerca è infatti impegnato a sperimentare anche altri tipi di stimolazione cerebrale ancora più agevoli da utilizzare, ad esempio micro-correnti elettriche, per modulare, in modo non invasivo, i circuiti cerebrali coinvolti nella regolazione della fame sia metabolica sia voluttuaria”, conclude Luzi.
(Fonte: Adnkronos)