La bellezza è soggettiva,
lo dicono gli algoritmi
Se una gara di bellezza riuscì addirittura a scatenare la guerra di Troia, ora la scienza sembra dar ragione alle dee sconfitte da Afrodite: la bellezza – almeno quella del volto – è soggettiva. E a dirlo sono algoritmi e intelligenza artificiale. Un nuovo studio del team coordinato da Vittorio Loreto del Dipartimento di Fisica della Sapienza di Roma ha presentato un metodo alternativo d’indagine, che utilizza le tecniche di inferenza statistica per lo studio quantitativo del fenomeno della percezione della bellezza del volto. E i risultati del lavoro, pubblicati su ‘Scientific Reports’, hanno suggerito una soggettività del fenomeno della bellezza del volto in qualche modo maggiore di quella finora proposta in letteratura.
L’utilizzo di tecniche innovative, sia sperimentali che di analisi dati, ha consentito ai ricercatori di determinare con precisione l’insieme di modifiche facciali (realizzate attraverso le varianti digitali di un ritratto) preferite da vari soggetti. “Il nostro approccio, basato su algoritmi di deformazione delle immagini e su algoritmi genetici – spiega Vittorio Loreto – consente al soggetto sperimentale di ‘scolpire’ la sua variante preferita di un volto di riferimento, navigando attraverso ‘aree preferite’ e convergendo su caratteristiche specifiche all’interno del cosiddetto spazio del viso”.
I risultati dello studio sono compatibili con teorie sulla percezione della bellezza facciale secondo le quali il criterio estetico dei vari soggetti è influenzato dalla loro personalità, e nel processo della percezione della bellezza è coinvolta l’inferenza di caratteristiche astratte (personality dimensions) che inconsciamente attribuiamo agli altri, a partire dal loro volto.
Il nuovo metodo consente inoltre di determinare con precisione le caratteristiche facciali che risultano significativamente più differenti nei volti ‘giudicati’ da uomini o da donne: se queste ultime tendono a prediligere varianti di un ritratto femminile dal volto più largo, gli uomini preferiscono modifiche dello stesso volto con occhi più grandi, zigomi più alti, minor area mascellare e nasi più stretti e corti.
Inoltre secondo i ricercatori quando ci troviamo a giudicare un viso non valutiamo le posizioni dei singoli elementi uno alla volta, bensì l’armonia tra le diverse parti del volto nel loro insieme. “Il nostro lavoro – conclude Miguel Ibáñez-Berganza, primo nome dello studio – propone un efficace schema di analisi sperimentale nell’area di ricerca della percezione del volto”. Un elemento “oggetto di ricerca in discipline sempre più varie, come la psicologia dello sviluppo, la biologia evolutiva, la sociologia, le neuroscienze e il machine learning”.
(Fonte: Adnkronos)