Resistenza agli antibiotici,
speranze da nuovi test
La resistenza agli antibiotici è diventata uno dei principali problemi di salute pubblica in tutto il mondo. Nella ricerca del settore un momento cruciale, spiegano i ricercatori, è quello della valutazione di nuove molecole in grado di fronteggiare l’aumento dei batteri multi-resistenti. Un lavoro appena pubblicato su ‘The Lancet Infectious Diseases’, realizzato da un gruppo multidisciplinare di esperti provenienti da Italia (Inmi Lazzaro Spallanzani, Emergency-Ngo, Bruno Kessler Foundation), Regno Unito (University College of London), Stati Uniti (Stanford University), Germania (Università di Monaco), e Tanzania (the Division of Health, President’s Office), mette in evidenza come le attuali procedure per la valutazione dei nuovi antibiotici possono essere non ottimali, e presenta un’alternativa per dimostrare l’efficacia dei nuovi farmaci.
Il momento più delicato nello sviluppo, registrazione e commercializzazione dei nuovi antibiotici “è certamente la scelta del tipo di studio per valutarli. Vista l’urgenza di sviluppare farmaci efficaci soprattutto contro i batteri Gram-negativi multi-resistenti, sono stati sviluppati diversi nuovi antibiotici (ceftazidimeavibactam, plazomicin, meropenem-vaborbactam) utilizzando studi controllati randomizzati di non inferiorità. Questo tipo di studi tuttavia – spiegano i ricercatori – non ha prodotto l’evidenza dell’efficacia del nuovo farmaco contro i batteri multi-resistenti, specialmente rispetto ai carbapenemi, che oggi sono lo standard di cura per questo tipo di infezioni”.
Mentre studi di superiorità verificano se i nuovi farmaci abbiano un effetto migliore rispetto a quelli esistenti, quelli di non inferiorità sono tarati per escludere nei nuovi farmaci una efficacia inferiore a un limite prefissato rispetto a quelli esistenti. La scelta di questo tipo di studio invece di quello di superiorità “è dovuta essenzialmente a una questione di convenienza: dal punto di vista logistico infatti uno studio di superiorità richiede tempi più lunghi e costi più elevati, e potrebbe portare a risultati negativi laddove non vi fossero dati sufficienti a supportare l’approvazione del farmaco”.
Ma le indicazioni che emergono dagli studi di non inferiorità possono non essere esaustive. Così i ricercatori del team internazionale, basandosi sull’esperienza maturata per altre gravi malattie infettive come Ebola, propongono come soluzione alternativa lo ‘studio controllato randomizzato adattativo’.
Si tratta di una procedura che permette, in maniera controllata, di modificare i parametri di uno studio mentre è ancora in corso, basandosi sull’analisi dei dati intermedi. In questo modo diventerebbe possibile utilizzare i dati disponibili degli studi di non superiorità per produrre nuove e consistenti evidenze scientifiche, fornendo allo stesso tempo ai pazienti il miglior trattamento disponibile nel più breve tempo possibile.
Gli autori suggeriscono come utilizzare questi trial, integrandoli nei programmi di controllo delle infezioni dove vi siano numerosi casi di multi farmaco resistenza. In questo contesto, gli studi adattativi possono essere considerati come studi di ‘nuova generazione’, anche post-marketing, che potrebbero inoltre verificare l’efficacia del farmaco su gruppi particolari di pazienti, come per esempio quelli infettati da batteri multiresistenti, che non erano stati inclusi negli studi precedenti e per i quali è urgente definire criteri per la scelta della terapia più adeguata.
(Adnkronos)