Proteina-meccanico diventa “miele”
per riparare il Dna
Da liquida come l’acqua diventa vischiosa come il miele per ‘appiccicarsi’ tipo mastice al Dna danneggiato e aiutare ad aggiustarlo. Il potere trasformista di 53BP1, ‘proteina-meccanico’ cruciale nel processo di riparazione del genoma, è stato scoperto in uno studio guidato dall’Istituto Firc di oncologia molecolare (Ifom) di Milano, pubblicato su ‘Nature Cell Biology’. Il lavoro – finanziato da Fondazione Airc per la ricerca sul cancro e Consiglio europeo della ricerca (Erc), oltre che da Fondazione Cariplo e Regione Lombardia – apre nuove strade anche contro la lotta ai tumori.
Tecnicamente, quello che succede a 53BP1 quando entra in azione in presenza di una ‘ferita’ del Dna si chiama transizione di fase. La stessa che osserviamo per esempio davanti a una tazza di tè fumante (transizione liquido-gas) o a un cubetto di ghiaccio che si scioglie in un drink (solido-liquido). In questo caso, nella proteina riparatrice, gli scienziati hanno osservato a livello molecolare una transizione liquido-liquido: “All’interno di un liquido omogeneo” paragonabile all’acqua, “si formano ‘gocce’ con una composizione molto diversa e una consistenza simile a quella del miele”, spiega Fabrizio d’Adda di Fagagna dell’Ifom, coordinatore dello studio che si è avvalso dell’apparato di microscopia dell’unità di Imaging Ifom diretta da Dario Parazzoli, e della collaborazione dell’università Statale di Milano e dalla New York University.
In risposta a un danno nel nucleo cellulare, quindi, 53BP1 è in grado di aumentare progressivamente la propria viscosità e “questo stato – riferisce Fabio Pessina, primo autore della ricerca – ha una conseguenza estremamente interessante sulla funzionalità della molecola, perché permette di concentrare molto efficacemente nel sito del danno sul Dna le proteine preposte alla riparazione” del codice della vita. “E’ un fenomeno straordinario da osservare specie se consideriamo che avviene nel cuore di una cellula”, commenta Roberto Cerbino, coautore della ricerca e professore di Fisica applicata in Statale.
“Abbiamo osservato – prosegue d’Adda di Fagagna – che nel momento in cui il nostro Dna si rompe, evento estremamente frequente nella vita delle cellule e ancora di più durante la degenerazione tumorale, proteine addette all’immediata riparazione di questo danno creano un compartimento liquido molto viscoso intorno al Dna danneggiato, per isolarlo e per concentrare in loco tutti i fattori utili alla riparazione”. Se questo avviene in generale, in particolare “abbiamo scoperto – precisa Pessina – che la proteina 53BP1, già nota per regolare la riparazione del Dna, ha una spiccata abilità di modificare il proprio stato fisico a due diversi livelli di liquidità dove il genoma si rompe. E abbiamo anche visto che l’inibizione di questa sua capacità risulta nociva per la cellula, riducendone la capacità di riparare in modo efficiente il danno al proprio Dna”.
“Una delle sfide più grandi di questo lavoro – dice Fabio Giavazzi, fisico e ricercatore alla Statale di Milano – è stato riuscire a misurare le proprietà fisiche di queste microscopiche goccioline e a descrivere in modo quantitativo il loro processo di formazione e maturazione. Questo è stato possibile soprattutto grazie all’acquisizione di immagini di microscopia di elevatissima qualità e risoluzione, e alla loro analisi con metodi quantitativi”.
L’individuazione di compartimenti ‘smart’ formati all’occasione dalla cellula in risposta a un danno al Dna, attraverso un cambio di fase, “apre una nuova prospettiva con cui affrontare processi biologici già noti -conclude d’Adda di Fagagna – Nella lotta alle cellule tumorali, che notoriamente accumulano più danni nel Dna rispetto alle cellule sane, auspichiamo che in futuro si possa trovare un modo di sfruttare questa nuova conoscenza a vantaggio di una terapia contro i tumori più efficace”.
(Fonte: Adnkronos)