Ricerca scientifica, aumentano
i fondi ma il progresso è lento
Il mondo della ricerca e dell’innovazione italiane stanno recuperando il gap con gli altri Paesi industrializzati, registrando un progresso negli investimenti e nel numero dei ricercatori rispetto al resto della forza lavoro, ma il progresso è ancora troppo lento anche riguardo al divario di genere, al saldo commerciale tecnologico e ai brevetti. Stando ai dati della Relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia, presentata oggi dal Cnr a Roma, se migliora il rapporto fra spesa per la ricerca e Pil – che sale all’1,4% rispetto all’1% del 2000 – l’incremento registrato al 2016 ci vede “tuttavia posizionati in fondo alla classifica dei Paesi europei dove il rapporto tra investimenti in Ricerca e Sviluppo e Pil è quasi del 2%”.
Realizzata dal Cnr, la Relazione – che contiene analisi e dati di politica della scienza e della tecnologia – rappresenta “una fotografia importante di settori che da premier definisco strategici e da accademici essenziali”, ha evidenziato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, presente al Cnr insieme ai ministri dell’Istruzione, Università e Ricerca, Lorenzo Fioramonti, dell’Innovazione, Paola Pisano, e della Famiglia, Elena Bonetti.
Per accelerare la ripresa del comparto ricerca e innovazione italiano, verrà sottoscritto entro “il 23 ottobre un Patto per la ricerca con il mondo industriale italiano”, ha annunciato Fioramonti, convinto che “anche i privati” debbano “fare la loro parte”. A porre l’accento sulla ricerca come volano di sviluppo economico del Paese è stato anche il presidente del Cnr, Massimo Inguscio: “La scienza è il motore dello sviluppo economico della nazione e in particolare per il Sud. Bisogna ripartire da questo”, ha rimarcato il numero uno del maggior ente pubblico di ricerca italiano.
Inguscio, inoltre, ha chiesto una “seria politica di reclutamento dei ricercatori”. Su questo tema, dalla Relazione emerge in particolare che “la quota dei ricercatori in rapporto alla forza lavoro, pur rimanendo ben al di sotto di quella degli altri Paesi europei e distanziandosi ancora di più dalla media Ue”, è comunque cresciuta. Dal 2005 al 2016 i ricercatori sono infatti aumentati di circa 60 mila unità e, tra i settori istituzionali, la crescita più rilevante si è registrata nelle imprese private.
Sale in Italia anche il numero delle donne ricercatrici, mentre confrontando l’età dei ricercatori la Relazione evidenzia come nell’università italiana gli over 50 superino la metà dei docenti, laddove nel Regno Unito e in Francia sono rispettivamente il 40% e il 37%.
L’Italia, inoltre, continua a essere un partecipante attivo dei Programmi Quadro Europei, compreso Horizon 2020, conseguendo nel primo triennio del programma europeo settennale in corso l’8,7% dei finanziamenti: una quota però, si legge nella Relazione, distante da quella dei finanziamenti ottenuti dai maggiori Paesi europei quali Germania (16,4%), Regno Unito (14,0%) e Francia (10,5%).
La Relazione del Cnr mette infine in evidenza che, per quanto riguarda la produzione scientifica, si conferma il quadro positivo del precedente Rapporto: la comunità dei ricercatori italiani produce una quantità di pubblicazioni significativa e in crescita sia come quota mondiale (quasi il 5% nel 2018) sia per qualità, attestata dalle citazioni medie ricevute per pubblicazione.
(Fonte: Adnkronos)