Medico in trincea nei reparti Covid
tra lacrime, sorrisi e strette di mano
“Un’esperienza che cambia la vita, lasciando cicatrici che difficilmente guariranno”. Così Paky Memoli, medico diabetologo e consigliere comunale a Salerno, descrive la sua missione in Liguria, dove per tre settimane si è presa cura dei pazienti colpiti dal Covid 19, ospiti in alcune Residenze sanitarie assistite della regione. Venti giorni intensi, pieni di lacrime, speranze e dolore, a tu per tu con gli effetti del virus che ha cambiato il nostro tempo. Una missione non solo professionale, ma anche umanitaria, nata dalle richieste di aiuto giunte da molte regioni del Nord Italia, maggiormente colpite dall’epidemia.
La diabetologa, referente della Rete diabetologica aziendale dell’Asl di Salerno e membro della Simdo, la Società italiana metabolismo diabete e obesità, ha lasciato la Campania l’8 aprile, dopo essere stata selezionata tra 8mila medici che avevano risposto all’appello della Protezione civile per prestare il loro supporto contro l’emergenza Covid. Una missione che si è conclusa il 28 aprile con un carico di forti emozioni, in una regione come la Liguria, dove i numeri della mortalità per coronavirus tra i pazienti soprattutto anziani sono stati molto alti.
“Purtroppo ho visto andare via tanti anziani, che rappresentano le nostre radici, la memoria storica del nostro paese e questo ha reso la mia esperienza ancora più dolorosa – racconta Memoli – . Sento ancora l’odore delle lenzuola imbevute di candeggina, dentro cui venivano avvolti i loro corpi. Immagini che non dimenticherò mai”. Un’esperienza non solo professionale, ma anche e soprattutto umana quella vissuta tra i corridoi della Rsa di Taggia, nella provincia di Imperia. “Oltre al nostro ruolo di medici – sottolinea la diabetologa – siamo stati vicini a questi pazienti, colmando in qualche modo l’assenza dei parenti, che non potevano entrare nella struttura e, purtroppo, accompagnandoli in molti casi alla fine della loro vita. Entravamo tutti bardati con tute di sicurezza, guanti, occhiali protettivi, loro vedevano solo i nostri occhi e ci chiamavano ‘medici astronauti’, ma noi vedevamo i loro sorrisi e questo è uno dei motivi che mi ha portato in questi reparti difficili”.
Ogni paziente, una storia. Molte già segnate dal virus, altre invece a lieto fine. Come quella di un uomo che, dopo il calvario, è guarito dal Covid. “Un paziente, uscito dalla fase acuta, quando ha ripreso le forze – ricorda Memoli – ci ha chiesto di poter mangiare un mandarino, noi ci siamo guardati intorno, c’era tanta frutta ma proprio quello mancava, allora siamo andati a cercare i mandarini, li abbiamo portati in reparto, e quando il paziente li ha assaggiati, mi ha sorriso e mi stretto la mano in un modo che difficilmente dimenticherò, anche se avevo addosso quattro guanti”.
Adesso che il peggio sembra essere passato, si guarda con speranza alle tante terapie in fase di sperimentazione. “La bella notizia è che oggi nelle strutture dove ho fatto questa esperienza non ci sono più nuovi contagi – conclude la diabetologa – . Ora ci aspettiamo molto dalle nuove terapie, dal plasma agli antivirali, in attesa del vaccino. Sembrerebbe che la fase acuta sia ormai alle spalle, anche se per tornare ad abbracciarci, dobbiamo fare ancora qualche sacrificio”.