Lo studio

Coronavirus, l’esperto: “I nuovi positivi
non sono contagiosi”

di oggisalute | 19 giugno 2020 | pubblicato in Attualità
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I nuovi positivi a Covid-19 non sono contagiosi, basta paure ingiustificate. Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs, in un’intervista al ‘Corriere della Sera’ lancia un messaggio ad autorità sanitarie e istituzioni: “Istituto superiore della sanità e Governo si rendano conto che la situazione, da quel lontano 20 febbraio” quando fu diagnosticato il ‘paziente’ 1 di Codogno, “è cambiata. E devono comunicare di conseguenza”, esorta. “Una ricerca – spiega infatti lo scienziato – dimostra che si registrano casi di positività con una carica virale molto bassa, non contagiosa. Li chiamano contagi, ma sono persone positive al tampone”.

“Bisogna spiegare cosa sta succedendo alla gente, che giustamente si spaventa” quando sente i dati, dice Remuzzi. “Qui all’Istituto Mario Negri stiamo per pubblicare uno studio che contiene alcune informazioni utili per capire, almeno così mi auguro”, auspica anticipando i risultati della ricerca. “Abbiamo condotto uno studio su 133 ricercatori del Mario Negri e 298 dipendenti della Brembo – riferisce il medico – In tutto, 40 casi di tamponi positivi. Ma la positività di questi tamponi emergeva solo con cicli di amplificazione molto alti, tra 34 e 38 cicli, che corrispondono a meno di 10mila copie di Rna virale”. Questo significa che “sono casi di positività con una carica virale molto bassa, non contagiosa”. Per Remuzzi, dunque, commentare i numeri che vengono forniti ogni giorno “è inutile, perché si tratta di positività che non hanno ricadute nella vita reale”.

“Sotto le 100mila copie di Rna non c’è sostanziale rischio di contagio, secondo un lavoro appena pubblicato da ‘Nature’ e confermato da diversi altri studi – precisa il numero uno del Mario Negri – Quindi nessuno dei ‘nostri’ 40 positivi risulterebbe contagioso. Questo significa che il numero dei nuovi casi può riguardare persone che hanno nel tampone così poco Rna da non riuscire neppure a infettare le cellule. A contatto con l’Rna dei veri positivi, quelli di marzo e inizio aprile, le cellule invece morivano in poche ore”.

In linea con la scoperta dell’Istituto fondato da Silvio Garattini ci sono anche altre ricerche: “Uno studio del Center for Disease Prevention della Corea su 285 persone asintomatiche positive ha rintracciato 790 loro contatti diretti. Quante nuove positività? Zero. E le risparmio altri studi che vanno in questa direzione”, evidenzia Remuzzi che ribadisce: “L’Istituto superiore di sanità e il Governo devono qualificare le nuove positività, o consentire ai laboratori di farlo, spiegando alla gente che una positività inferiore alle 100mila copie non è contagiosa, quindi non ha senso stare a casa, isolare, così come non è più troppo utile fare dei tracciamenti che andavano bene all’inizio dell’epidemia”.

A Vo’ Euganeo nel Padovano “penso che il professor Crisanti abbia fatto un grande lavoro, agendo subito e con decisione – osserva lo scienziato – Quel metodo, doppio tampone e tracciamento, va bene per un piccolo focolaio. Ma se il virus circola da mesi e poi esplode come accaduto in Lombardia, rischia di diventare controproducente, a meno di avere a disposizione una organizzazione ferrea tipo Wuhan”.

Non è che il sistema attuale basato sui tamponi sia sbagliato, puntualizza Remuzzi, “ma sta andando avanti in modo burocratico con delle regole che non tengono conto di quello che sta emergendo dalla letteratura scientifica. Non bisogna confondere il numero di tamponi con l’andamento dell’epidemia”, ripete.

Se è vero che, come ha avuto modo di far notare lo stesso direttore del Mario Negri, ci vuole minimo un anno prima che la comunità scientifica e i governi recepiscano i risultati degli studi, “in questo caso specifico sarebbe meglio accelerare – avverte Remuzzi – altrimenti si crea un panico ingiustificato”.

Ma come si spiega che la stragrande maggioranza dei nuovi casi viene registrata solo in una regione? “C’è stata una enorme quantità di malati, il virus è girato molto e questi sono i residui di quella diffusione”, risponde il medico che non è preoccupato dalla crescita di pazienti che prosegue soprattutto in Lombardia: “Se sono positivi allo stesso modo di quelli della nostra ricerca, ovvero con una positività ridicolmente inferiore a 100mila”, non c’è da temere “perché non possono contagiare gli altri”. E se invece non fossero debolmente positivi? “C’è solo un modo per scoprirlo. Bisogna dire quanto Covid-19 c’è nelle nuove positività. E’ quello che sto chiedendo”, chiarisce Remuzzi.

“Il virus è lo stesso, certo – aggiunge – Ma per ragioni che nessuno conosce, e forse per questo c’è molta difficoltà ad ammetterlo, in quei tamponi ce n’è poco, molto meno di prima. E di questo va tenuto conto”. Non si tratta di fare “l’avvocato difensore della Lombardia”, assicura l’esperto: “Non ho alcuna ragione per esserlo. Sia per la mia sensibilità politica che per la mia storia professionale, entrambe ben lontane dai principi alla base della sanità lombarda. Credo di essere conosciuto anche per aver avversato come nessun altro quel modello, basato com’era su libera scelta e mercato. Ma sono anche un medico” e, come tale, “ho il dovere di dire le cose come stanno”.

(Fonte: Adnkronos)

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