Malattie rare, il Covid moltiplica
le criticità pregresse
Il 2020 è ‘un anno nefasto’ per le malattie rare. “L’inizio della pandemia ha coinciso con la Giornata mondiale delle malattie rare, completamente oscurata, e col passare dei mesi ad essere spariti dall’ordine del giorno sono stati anche i problemi, le aspettative e i diritti di circa 2 milioni di persone e delle loro famiglie. Ciò che era già in ritardo ne ha accumulato altro, come l’approvazione e il finanziamento del secondo Piano nazionale malattie rare (Pnmr), il precedente è scaduto nel 2016”. E’ il bilancio dell’anno che si va chiudendo fatto dall’Osservatorio Malattie Rare (Omar) nel corso della quinta edizione dell’Orphan Drug Day in versione online. Tempi lunghi dunque che – riferisce Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttore di Omar – hanno visto solo “alla fine della scorsa settimana una riunione del Gruppo che lavora al Piano nazionale”.
“In Italia si stima che i malati rari siano circa 2 milioni – ricorda ‘Osservatorio – un fenomeno molto più esteso di quel che non si pensi, ma anche estremamente eterogeneo, ci sono patologie che colpiscono fino a 7000 persone, altre che non arrivano a 10 pazienti e per di più una singola patologia può manifestarsi in modi anche molti diversi: per questo sono difficili da diagnosticare e altrettanto difficile è costruire percorsi di presa in carico su base regionale: non è raro, infatti, che una data malattia esista solo in una certa regione. Basti pensare che il numero di persone con esenzione per malattia rara, nel nostro Paese potrebbe arrivare a superare quota 600mila, con una prevalenza stimata dell’1,0% sulla popolazione (Rapporto MonitoRare 2020)”.
“Sono mesi, anni, che ribadiamo la necessità di dare la giusta importanza alle persone con malattie rare, ben 2 milioni in Italia, che a causa del coronavirus sono passate quasi sotto silenzio, con tutte le loro esigenze, ma anche e soprattutto con i loro diritti – ha rimarcato nel suo intervento la senatrice Paola Binetti, presidente dell’Intergruppo Parlamentare per le Malattie rare – A settembre avevamo indicato cinque azioni urgenti che andavano fatte: l’aggiornamento del Piano nazionale malattie rare e il relativo finanziamento; l’approvazione del Testo unico sulle malattie rare; l’implementazione dell’assistenza territoriale, che già durante la prima ondata della pandemia aveva mostrato le sue carenze, e lo sviluppo di telemedicina e teleassistenza e una più efficiente organizzazione della ricerca sulle malattie rare: a 4 mesi di distanza su questi fronti si sono visti solo timidissimi passi”.
Le priorità – ha fatto riferimento la senatrice – sono quelle presentate proprio dall’Intergruppo nella Relazione programmatica ‘Malattie rare come priorità di sanità Pubblica’ di settembre. “La Relazione programmatica è nata- ricorda Omar -oltre che per portare all’attenzione alcuni bisogni e atti mancanti, anche per contrastare un timore diffuso: quello che le malattie rare vengano messe da parte dal Servizio sanitario nazionale – e di conseguenza private delle risorse economiche, organizzative e strutturali – in un momento in cui gli sforzi sono concentrati sul virus Sars-CoV-2”.
“L’approvazione del Testo unico sulle malattie rare è un passaggio fondamentale per garantire il diritto alla salute per i malati rari. È un intervento legislativo che i pazienti e i loro caregiver attendono da anni. Ci battiamo affinché la proposta di legge venga approvata al più presto in Parlamento senza ulteriori interruzioni”, ha ribadito nel corso dell’evento Fabiola Bologna, firmataria della proposta di legge sulle malattie rare e segretario della Commissione XII Affari sociali della Camera dei Deputati. “L’avvio dei lavori è stato ottimo e grazie all’impegno del Comitato ristretto si è arrivati ad un testo unificato subito portato all’esame della Commissione Affari sociali – ha aggiunto -Poi grazie anche ai numerosi appelli rivolti alle Istituzioni sulla richiesta di calendarizzazione della proposta, è stata portata a termine la discussione in Commissione. Ora si aspetta il passaggio in Aula subito dopo i lavori per la legge di bilancio: un iter che speriamo si concluda positivamente perché è una legge che ha il consenso trasversale di tutti gli schieramenti politici e del ministero della Salute”.
Qualcosa si è mosso ai primi di ottobre quando il ministro della Salute, Roberto Speranza, su sollecitazione della senatrice Binetti, ha sostenuto che per le malattie rare – che non facevano esplicitamente parte della relazione sulle priorità nell’utilizzo del Recovery fund – ci sarà una scheda specifica nel ‘Next generation Eu’. “Quale possa essere il contenuto di tale scheda e quanta parte del Recovery fund possa essere destinata alle malattie rare sono ancora ignoti – ha osservato Ciancaleoni Bartoli – Sicuramente le risorse del Recovery fund potrebbero essere utili a finanziare il tanto atteso nuovo Piano nazionale per le malattie rare”.
La mancanza di fondi specifici per attuare le misure richieste dal primo Piano nazionale malattie rare “ha ostacolato il raggiungimento di diversi risultati: l’arrivo della pandemia non ha fatto che sottolineare gli effetti di questa mancanza. La preesistenza di risorse dedicate avrebbe probabilmente permesso di individuare dei percorsi preferenziali, o quantomeno dedicati ai malati rari durante l’emergenza Covid-19, invece -in alcuni ospedali o regioni più e in altre meno – diversi servizi essenziali hanno subito forti rallentamenti fino ad essere anche del tutto sospesi”, riferisce l’Osservatorio malattie rare.
“Così come sul fronte istituzionale ci sono ritardi che solo in parte si possono giustificare con la pandemia, anche sul fronte socio-assistenziale le difficoltà dei pazienti, enormemente cresciute in questi mesi, non sono del tutto imputabili al Covid-19, che ha avuto però il ruolo di moltiplicatore di alcune criticità pregresse. Anche questi temi sono stati affrontati durante il quinto ‘Orphan Drug Day’. In particolare la pandemia ha accentuato le disparità regionali nella gestione e presa in carico dei pazienti – denuncia Omar – se per affrontare alcune tematiche, come la necessità di prorogare i piani terapeutici, c’è stato un positivo ruolo di Aifa, su altri fronti – come la continuità terapeutica tramite il teleconsulto, le televisite, la ‘home therapy’ (terapia a domicilio) – ciò non è accaduto e le Regioni si sono mosse in modi del tutto differenti o non si sono attivate affatto”.
“La pandemia ha fatto emergere chiaramente che, se da una parte i malati rari hanno bisogno di pochi centri di riferimento davvero esperti, dall’altra serve assolutamente che vi sia poi una rete in grado di seguirli in maniera capillare sul territorio, fino ad arrivare al domicilio – prosegue Omar – E se nell’ultimo ventennio la rete dei centri di riferimento è enormemente migliorata c’è ancora da fare quando si passa sul territorio, con carenze tanto maggiori quanto più ci si avvicina al domicilio, uscendo da un’ottica ospedalocentrica”.
“In Campania, ad esempio – ha spiegato Giuseppe Limongelli, a capo del Centro di Coordinamento Malattie Rare Regione Campania – siamo in attesa di una delibera regionale che possa permettere a tutte le aziende di utilizzare un unico software per il teleconsulto. La Campania ha già fatto suo l’accordo Stato-Regioni sul teleconsulto nei malati rari, ma avere gli strumenti per poterlo utilizzare in maniera omogenea su tutto il territorio regionale sarebbe il passo decisivo”, conclude.
(Fonte: Adnkronos)