La ricercatrice: “Inserire caffè all’italiana
nella dieta mediterranea”
Un moderato consumo giornaliero di caffè, 3-4 tazzine al giorno, preparato secondo la tradizione italiana, potrebbe essere vantaggioso per la salute, al punto da meritare di essere inserito nel quadro di una dieta salutare: potrebbe ridurre, infatti, i rischi di morte, in particolare quelli cardiovascolari. È il risultato di una ricerca condotta dall’Irccs Neuromed di Pozzilli (Is) e pubblicata sulla rivista scientifica internazionale The Journal of Nutrition.
Lo studio è stato condotto su 20.487 partecipanti al Progetto Moli-sani, il grande studio epidemiologico che, a partire dal 2005, segue 25mila cittadini della regione Molise. Analizzando le loro abitudini alimentari e seguendo le loro condizioni di salute per oltre otto anni, i ricercatori del Dipartimento di epidemiologia e prevenzione hanno potuto osservare come il consumo abituale di caffè sia legato ad un minore rischio di morte, con particolare evidenza per le patologie cardiovascolari.
“Alcuni studi – dice Emilia Ruggiero, nutrizionista, prima autrice dello studio – avevano suggerito in passato che il consumo di caffè potesse avere effetti benefici sulla salute. Con questa ricerca siamo ora in grado di confermare, in un ampio campione rappresentativo della popolazione italiana, che questa popolare bevanda, consumata con moderazione e regolarità, porta a una riduzione di rischio sia per la mortalità per qualsiasi causa sia, specificamente, per le patologie cardiovascolari. Come spesso avviene quando parliamo di alimentazione, la moderazione è la chiave. Abbiamo infatti osservato che la maggiore riduzione del rischio di morte, rispetto a chi non beve caffè o lo beve raramente, avviene per un consumo di 3-4 tazzine al giorno”.
Lo studio ha reso possibile anche identificare uno dei probabili meccanismi biologici alla base di questo effetto protettivo per la salute: il frammento N-terminale del Propeptide Natriuretico di tipo B (NT-proBNP), un frammento proteico normalmente prodotto dalle cellule cardiache, che viene già utilizzato in alcune analisi del sangue.
“Sappiamo che alti livelli nel sangue di NT-proBNP – dice Marialaura Bonaccio, ricercatrice senior del Dipartimento di epidemiologia e prevenzione dell’Irccs Neuromed – sono correlati con un maggiore rischio di patologie cardiovascolari. Nella nostra ricerca abbiamo potuto rilevare che chi consuma abitualmente caffè ha livelli inferiori di questa molecola. Questa potrebbe essere una delle spiegazioni per l’effetto protettivo del caffè verso quel tipo di malattie”.
“Quasi tutti gli studi eseguiti negli anni passati – commenta Licia Iacoviello, Direttore del Dipartimento di epidemiologia e prevenzione di Neuromed e professore ordinario di Igiene e Sanità Pubblica all’università dell’Insubria nella sede di Varese – sono stati effettuati su popolazioni che consumano il caffè ‘filtrato’, molto differente da quello espresso italiano preparato con la moka o con la macchina del bar. Quella appena pubblicata, invece, è la prima ricerca in cui gli effetti benefici del caffè sono stati valutati su una popolazione mediterranea, come quella del Molise, che prepara questa bevanda secondo la tradizione italiana. Probabilmente è venuto il momento di inserire il caffè all’italiana, con piena dignità, nell’ambito della dieta mediterranea”.
(Fonte: Adnkronos)