Tumore dal rene al cuore rimosso col robot, prima mondiale a Milano
Un ‘robot chirurgo’ e una speciale cannula aspirante. Sono gli strumenti utilizzati da un’équipe dell’ospedale Niguarda di Milano per rimuovere un tumore al rene lungo oltre 20 centimetri ed esteso fino al cuore. Lo hanno fatto senza aprire né torace né addome, in maniera mininvasiva, scegliendo la via della chirurgia ‘senza cicatrici’ per una paziente fragile. Età: 83 anni. Oggi l’ospedale racconta l’impresa e assicura che si tratta di un “intervento mai tentato al mondo”. Una prima in sala operatoria.
Urologi e cardiochirurghi hanno operato in maniera congiunta con una tecnica studiata ad hoc, combinando l’utilizzo del robot chirurgico e della cannula aspirante, inserita dalla giugulare per arrivare al cuore. Una tecnica ‘su misura’ per un intervento delicato e complesso: il tumore dalla vena renale aveva infiltrato completamente la vena cava per risalire fino all’atrio destro del cuore. Vista l’età e le condizioni di fragilità della paziente, si è scelto di accantonare la ‘chirurgia open’.
L’intervento record è durato 9 ore e ha visto alternarsi al tavolo operatorio l’équipe degli urologi e quella dei cardiochirurghi. Missione: mettere la donna fuori pericolo.
“Vista l’età avanzata e le condizioni della paziente, che a causa di una malattia coronarica aveva da poco subito l’impianto di due stent cardiaci, abbiamo optato per una procedura mininvasiva senza incisione addominali e senza apertura dello sterno – spiega Aldo Bocciardi, direttore dell’Urologia – Per farlo siamo ricorsi all’utilizzo del robot chirurgico, usato per rimuovere il rene, sede del tumore”.
Le pinze del robot, inserite tramite delle micro-incisioni addominali, sono state usate anche per “rimuovere l’infiltrato neoplastico” che raggiungeva il cuore. Questo è stato possibile solo dopo che i cardiochirurghi grazie alla cannula aspirante avevano rimosso parte dell’infiltrazione cardiaca, per poi spingere la parte rimanente nell’addome dove gli urologi con il robot sono stati in grado di agganciarla e asportarla completamente.
In pochi altri centri al mondo è stato utilizzato il robot per tumori renali estesi alla vena cava; nei pochi casi in cui la malattia arrivava nel cuore, non è mai stato fatto con il robot e senza aprire il torace. La localizzazione e l’estensione dell’infiltrazione hanno richiesto un intervento in tempi rapidi per mettere la paziente in sicurezza. “Questo approccio è stato possibile grazie all’utilizzo di un device innovativo – evidenzia Claudio Russo, direttore della Cardiochirurgia – L’inserimento della cannula di aspirazione a livello di una vena del collo, collegata a una pompa centrifuga e a un filtro, ha permesso l’aspirazione ad alto flusso del tumore”.
“Il sangue aspirato dall’interno del cuore durante l’intervento chirurgico è stato filtrato e re-immesso nel circolo arterioso attraverso un’altra cannula posta all’altezza dell’arteria femorale – spiega ancora Russo – Il circolo ad alto flusso ha permesso di aspirare parte dell’infiltrato del tumore e di creare un vacuum che come una ventosa ha agganciato il trombo neoplastico per spingerlo nel circolo dell’addome, dove con il robot è stato possibile rimuoverlo”.
Gli urologi e i cardiochirurghi di Niguarda hanno studiato e messo a punto questo intervento realizzato insieme agli anestesisti infermieri e a tutto il personale di sala operatoria. “Una delle difficoltà più grandi ha riguardato l’estensione dell’infiltrazione che attraversava un collo di bottiglia anatomico rappresentato dal diaframma – indica il cardiochirurgo Giuseppe Bruschi, primo operatore per la parte cardio della procedura – Per ovviare a questo abbiamo dovuto ideare questo doppio approccio dall’addome col robot e con l’aspiratore innestato a livello del collo, in modo da poter rimuovere interamente il rene e l’infiltrato neoplastico”.
E una fase “molto delicata – aggiunge l’urologo Antonio Galfano, primo operatore che ha eseguito le diverse fasi dell’intervento dalla consolle del robot – ha riguardato la ‘derotazione’ del fegato, eseguita con il robot. Con questa manovra l’organo è stato spostato temporaneamente dalla sua sede naturale per permettere il passaggio degli strumenti chirurgici endoscopici per l’asportazione del trombo”.
(Fonte: Adnkronos)