Covid, nei guariti immunità alterata:
speranze dagli anticorpi monoclonali
Un anticorpo monoclonale potrebbe contrastare le disfunzioni immunitarie associate alla sindrome Long Covid. Nei pazienti guariti da infezione da Sars-CoV-2, infatti, alterazioni delle difese naturali dell’organismo possono persistere anche per diversi mesi. Ma utilizzando un farmaco che blocca una proteina chiave nel regolare la risposta immunitaria, questa sembra normalizzarsi. La scoperta – pubblicata su ‘JCI Insight’ – è frutto di una collaborazione che ha visto impegnati da un lato scienziati del Centro di ricerca pediatrica ‘Romeo ed Enrica Invernizzi’ dell’università Statale di Milano e medici dell’ospedale Sacco del capoluogo lombardo, dall’altro gruppi del Boston Children’s Hospital, Harvard Medical School e Brigham and Women’s Hospital, Usa. Primo co-autore del lavoro l’italiano Cristian Loretelli.
Lo studio, sostenuto dalla Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi, “rivela che le alterazioni del sistema immunitario riscontrate durante Covid-19 non sono circoscritte solo alla fase acuta della malattia, ma possono permanere anche per mesi dopo la guarigione, proprio come i sintomi che caratterizzano il Long Covid, compromettendo la capacità di risposta del sistema immunitario ad agenti patogeni esterni ed esponendo potenzialmente i pazienti a nuove infezioni da Sars-CoV-2 o da altri patogeni”, spiega Paolo Fiorina, professore ordinario di Endocrinologia, direttore del Centro internazionale per il diabete di tipo 1 presso il Centro Romeo ed Enrica Invernizzi, e a capo dell’Unità di Endocrinologia dell’Asst Fatebenefratelli-Sacco.
Constatata la presenza di queste alterazioni, i ricercatori della Statale hanno anche ideato una strategia terapeutica per correggerla: “Abbiamo scoperto che un anticorpo monoclonale che blocca la proteina PD-1, i cui livelli sono aumentati durante e dopo l’infezione, riduce le alterazioni immunitarie osservate – riferisce Fiorina – Inoltre, dopo il trattamento le cellule immunitarie mostravano un’aumentata capacità di risposta immunitaria contro il Sars-CoV-2 e contro antigeni di altri virus e batteri. La possibilità di correggere farmacologicamente queste alterazioni e di ripristinare una normale ed efficiente risposta immunitaria offre un importante strumento per contrastare il potenziale rischio di reinfezioni e per proteggere i pazienti anche da altre patologie di origine infettiva”.
“Il nostro studio fornisce l’evidenza che, dopo la guarigione dalla fase acuta di Covid-19, la risposta immunitaria all’infezione da Sars-CoV-2 è affievolita e questo potrebbe potenzialmente esporre i pazienti al rischio di riammalarsi, contribuendo peraltro alla diffusione del virus – sottolineano Stefano Rusconi, direttore dell’Unità di Malattie infettive dell’ospedale di Legnano e docente alla Statale di Milano, e Massimo Galli, già docente di malattie infettive presso l’ateneo meneghino – La possibilità di ridurre questo rischio, ripristinando una normale risposta contro il virus, rappresenta una potenziale nuova arma per la protezione della salute dei pazienti e per la lotta contro la diffusione di questa terribile epidemia”.
“I risultati ottenuti dai nostri ricercatori – commenta Gian Vincenzo Zuccotti, direttore del Centro Romeo ed Enrica Invernizzi e preside della Facoltà di Medicina della Statale – dimostrano l’enorme importanza della ricerca scientifica per il progresso delle conoscenze mediche e biologiche su problemi clinici così critici, i cui meccanismi, come è avvenuto all’esordio di Covid-19, ci sono completamente ignoti. Solo grazie a questo progresso, infatti, è possibile disegnare strategie di cura e strumenti terapeutici efficaci. Sono orgoglioso che il nostro centro abbia dato e continui a dare un importante contributo in questo senso”.
(Fonte: Adnkronos)