La “regola del 7 contro il diabete”,
al via campagna “in positivo”
La ‘regola del 7’ contro il diabete. L’obiettivo da raggiungere per chi convive con questa malattia è avere l’emoglobina glicata sotto il 7%. Ma sette sono anche le regole della prevenzione e le cose da sapere sulla patologia. Sette, infine, saranno anche le ‘cose insopportabili’ che decideranno le persone con diabete attraverso un sondaggio. C’è il numero 7 al centro della campagna di Lilly “Hai il diabete? C’è una buona notizia per te”, patrocinata dalla Società italiana di diabetologia, dall’Associazione medici diabetologi e dalle rispettive fondazioni di ricerca.
Grazie all’iniziativa le persone con diabete potranno scoprire quali sono le regole per una migliore prevenzione e un più adeguato stile di vita, ma soprattutto essere informati sulle sempre maggiori e innovative soluzioni per semplificare la routine della gestione quotidiana e convivere con questa malattia con più libertà e meno stress. Un paziente informato, infatti, è un paziente più attento e aderente alla terapia, e quindi si cura e vive meglio. La campagna è partita in questi giorni, invitando non solo i pazienti a chiedere informazioni al diabetologo su come facilitare la routine quotidiana, ma coinvolgendoli online per il sondaggio sulle 7 cose insopportabili, sul sito www.novitadiabete.it.
Dove ho messo le medicine? Cosa posso mangiare a pranzo? Sono due tipiche domande che angustiano la vita quotidiana della persona con diabete, che sente molto forte l’esigenza di semplificarsi la vita, anche perché questa malattia colpisce sempre più spesso persone che sono ancora attive professionalmente e socialmente. Dai dati dell’ultimo Osservatorio Arno emerge che il 65% dei pazienti ha 65 anni o poco più, ma circa il 35%, cioè più di un milione, è in piena età lavorativa (20-64 anni) mentre uno su 5 ha 80 anni o più e il 2% meno di 20 anni.
“Per tutte le persone ancora attive socialmente e professionalmente – afferma Giorgio Sesti, presidente Società italiana di diabetologia (Sid) e docente di Medicina interna all’Università Magna Graecia di Catanzaro – il diabete rappresenta un limite importante, a volte anche motivo di discriminazione sul posto di lavoro. Infatti, i datori di lavoro, specie se si tratta di svolgere un’attività non sedentaria o che prevede turni notturni, considerano le persone con diabete poco affidabili e temono che possano avere malori o problemi”.
L’abbassamento dell’età media in cui insorge il diabete è uno degli aspetti che preoccupa di più gli esperti. “A causa degli scorretti stili di vita – spiega Domenico Mannino, presidente Associazione medici diabetologi (Amd) e direttore dell’unità operativa complessa Diabetologia e endocrinologia al Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria – stiamo assistendo a un numero crescente di casi di diabete tipo 2 in persone sempre più giovani. Trend che si osserva in particolare nelle città, dove prevalgono sedentarietà e abitudini alimentari poco salutari. Ciò comporta una spesa aggiuntiva sia per le famiglie sia per il Ssn”.
“Prima si va incontro alla malattia, maggiore sarà la sua durata, con un conseguente pesante impatto – avverte – sulla qualità di vita del paziente e sui costi diretti e indiretti che dovranno essere sostenuti per la sua gestione: più visite mediche, più giornate lavorative perse, complicanze più frequenti, come infarto, ictus o insufficienza renale, che costringono i pazienti al prepensionamento o alla richiesta di pensioni di invalidità”.
Per tutti, ma a maggior ragione per i più giovani, è fondamentale seguire regole precise per evitare che la malattia progredisca o provochi altre complicanze. “Sappiamo – prosegue Sesti – che in tutta l’Unione europea, quindi anche in Italia, circa il 40% delle persone con diabete di tipo 2 in trattamento solo con terapie orali, non raggiunge il target dell’emoglobina glicata al 7%. Le Linee guida per il trattamento del diabete, infatti, stabiliscono che per avere un buon controllo metabolico e per evitare complicanze gravi, il valore dell’emoglobina glicata deve essere inferiore al 7% e addirittura al 6,5% per chi è agli esordi della malattia senza complicanze”.
Diversi sono i motivi per cui i pazienti non rispettano il target. “Peccato – precisa sempre Sesti – perché oggi ci sono farmaci che non inducono ipoglicemia e che consentirebbero di raggiungere quel target del 7%. Purtroppo, però, si continuano ad usare farmaci orali datati, come sulfoniluree e glinidi, il cui uso è associato a rischio di ipoglicemia e incremento ponderale. I farmaci più innovativi, invece, non sono associati a rischio di ipoglicemia e contribuiscono anche a ridurre il peso”.
Queste nuove terapie, però, non possono essere prescritte dai medici di medicina generale – che hanno in cura il 50% dei diabetici – ma solo dal diabetologo. Il problema, secondo gli specialisti, è che in Italia non è stata pienamente attuata la gestione integrata prevista dal Piano nazionale del diabete varato dal ministero della Salute e sottoscritto dalle Regioni. “Il Piano stabilisce che debba esserci una piena integrazione tra medico di famiglia e specialista, per cui ogni volta che c’è un cambio di terapia o una complicanza il paziente deve essere indirizzato al centro di diabetologia. Purtroppo, questa integrazione si realizza con difficoltà ed è pienamente applicata in poche regioni tra cui Emilia Romagna, Toscana, Veneto e Abruzzo”, conclude Sesti.
(Fonte: Adnkronos)